Il sole illuminava il terrazzo senza riscaldarlo, ad aprile poteva concedere luce ma non calore. L’uomo e la donna guardavano verso l’angolo alla loro destra, nel punto in cui il muro incrociava il pavimento. I grandi vasi di terracotta erano disposti in modo asimmetrico per simulare una scelta casuale.
Lui le si avvicinò. - I gerani verranno su bene quest’anno, - disse.
- Già. Alfredo ha fatto un buon lavoro con quel terriccio.
- Ci daranno un magnifico profumo, vedrai.
- Ci? – sottolineò quella parola con un tono disilluso e sarcastico allo stesso tempo. Una espressione a cui non credeva e che non le apparteneva più, come una foglia quando si stacca da un ramo.
- Non credi?
- Non lo so. Preferivo delle fresie ma come al solito ti sei lasciato convincere.
Lui voltò il capo verso la porta finestra, come se volesse cercare un alleato nell’enorme tavolo del salone. Aveva intuito il destino di quella conversazione.
- Domani verranno i miei a pranzo, - riprese lei.
- Come mai?
- Ho chiamato Antonio, mi terrà da parte una spigola abbastanza grande. Passi tu a ritirarla?
- Certo. Ho preso un giorno in ufficio.
- Che scusa balorda per non andare a lavorare, vero? Dire al capo “sa devo passare in pescheria, non posso venire”. Mi immagino la faccia di Andrea mentre gli dici una cosa del genere.
- Sai bene che non è questo il motivo.
Sorrise stizzita. Non era pronta ad accettare la decisione che aveva preso.
- Farò anche delle verdure al forno e un po' di patate.
L’uomo si infilò le mani nelle tasche.
Adele guardò i bulbi dei gerani, invidiandoli per la cura ricevuta da Alfredo. Si toccò il braccio nel punto dove le infilavano l’ago. Poi chiuse gli occhi.
Non li avrebbe visti fiorire.