I clacson non li ha mai capiti. Ma c'è davvero bisogno di fare rumore per farsi notare? Com'è che lei era sempre riuscita a vivere senza quasi mai alzare la voce?
Una volta soltanto aveva urlato: quando aveva trovato Giovanni impiccato a un albero, come una bestia indesiderata. Aveva urlato non appena lo aveva visto, e aveva urlato ancora più forte quando aveva capito che all'albero Giovanni ci si era appeso da solo. Allora sì che la sua voce non aveva potuto contenerla più. Ma a sentirla non c'era nessuno e quel figlio tanto caro quanto difficile se lo era pianto da sola in aperta campagna.
Cagliari puzzava, diceva sempre a sua figlia, durante le loro passeggiate che dal quartiere di Villanova le vedevano sfilare lente fino al porto. Via Roma in particolar modo puzzava, diceva Antonia mentre si tappava il naso con quelle mani ruvide di storie. E Apollonia le diceva che no, che non era puzza, era soltanto un odore diverso da quello a cui il suo naso vecchio era abituato. Poi ridevano insieme.
Ogni tanto ci pensava a quel nome. Apollonia. Ma come le era venuto in mente? Eppure la risposta la sapeva bene. Quel nome era stata una delle poche imposizioni del marito, Giuseppe, buonanima. L'avevano dovuta chiamare come sua madre, necessariamente. "Non si discute" le aveva detto. E lei si era stata zitta e aveva fatto sì con la testa, e così Apollonia aveva ricevuto quella disgrazia di nome.
Il mare non le dispiaceva ma non lo capiva bene, Antonia. Lo attribuiva più ai bambini, alle rincorse e ai giochi con le onde. Non ci vedeva nessun tipo di poesia. La poesia mai l'aveva trattata, quella donna. Non ne aveva mai sentito il bisogno. A sua nipote che la ammorbava con i "poeti maledetti francesi" si è ritrovata più volte in procinto di mandarla via dalla stanza e in malo modo. Non era analfabeta, nossignore. Antonia leggeva.
Più di tutto, amava le biografie. Aveva letto innumerevoli biografie: "le vite degli altri sì che mi appassionano", diceva. Poi sorrideva. Una volta era rimasta tre o quattro giorni senza staccare gli occhi dalla storia di Lucrezia Borgia.
Da quando Giuseppe, l'ultimo uomo della sua vita, se n'era andato via, allora aveva chiesto a sua figlia di lasciarla lì a Lollove. Voleva morire lì. E lei le aveva risposto che non era ora di morire, non ancora. "Oh mamma!" E che a Lollove tempo due anni e non ci avrebbe abitato più nessuno. E così fu: il paese perse tutti i suoi abitanti. E molte case rimasero così ferme nel tempo che se le si vede adesso si pensa davvero che qualche dio, passando di lì con un telecomando, abbia premuto il pulsante "pausa" dimenticandosi poi per sempre di quel posto. Neanche le mosche ci volano più, su quelle case fatte di pietre. Eppure i fiori ci crescono ancora a Lollove.
Antonia è stata irremovibile: io ci vengo pure alla città a vivere con te e i tuoi figli. Ma almeno una volta l'anno a Lollove mia io ci devo tornare. Ci devo tornare e ci devo stare tre giorni. Pieni. Al quarto giorno mi potete venire a prendere appena prima di pranzo. O così o niente.
Apollonia ne aveva discusso col marito e alla fine avevano deciso di accontentarla. "Sarà pure una richiesta da matti ma è mia madre e voglio farla felice." Aveva detto. E il marito aveva annuito e le aveva detto "Come ti pare."
Da allora, una volta l'anno, Antonia affronta quei viaggi in macchina con l'entusiasmo di una bambina. Glielo si legge negli occhi che sta andando a Lollove sua. Quando torna invece, in macchina con i nipoti, è più taciturna e lo sguardo lo tiene basso, neanche guarda la strada. Però appare rilassata. Ogni volta è la stessa storia e dopo ogni ritorno tutti le chiedono se in tutta quella solitudine ci trovi delle risposte. E, ogni volta, lei risponde che di domande non ne ha più.