Ci sono distanze che mi separano.
Da me stesso, e da tutto il resto: e tu appartieni a tutto il resto; forse sei tu, quasi tutto
il resto.
Cerco di affrontarle separatamente, una per volta, però mi accorgo che le distanze si alleano tra loro, in una specie di mutuo soccorso, fino a impedirmi di proseguire.
Intorno a me la luce del giorno è uniforme e diffusa, come se non avesse una sola origine, e illuminasse tutto con la stessa intensità.
"Come se tutto fosse retroilluminato", penso.
Ma intorno non c'è nient'altro; soltanto una distesa di sabbia finissima che mi circonda, un mare infinito di sabbia dorata.
Giro lentamente su me stesso, ruotando sui calcagni, e l'unico colore altro che vedo, è il cielo azzurro che mi sovrasta come un grande, immenso cappello.
"Sui calcagni?!"
La sensazione della sabbia tra le dita era troppo gradevole per chiedermi dove fossero finite le mie scarpe, e ho dovuto abbassare lo sguardo, finché ho visto i miei piedi, nudi, affogati nella sabbia.
Ne alzo uno e la sabbia scivola via, scorre lungo le dita, finché le lascia scoperte.
Mi accorgo che anche le mia gambe sono nude. Salgo fino alle cosce, e vedo i miei testicoli che penzolano, tranquilli, abbracciati al loro membro, che dorme tra due morbidi cuscini, girato appena verso quello di destra.
Ho la tentazione di darmi una grattata. Ma in realtà non mi prude niente, e non mi va di farlo solo per abitudine.
Adesso ho altri problemi.
Mi passo le mani sui fianchi, sulla pancia. Incrocio le braccia, con la mano destra mi tocco la spalla sinistra, mentre con l'altra arrivo sulla destra. Separo le mani e mi carezzo il collo, poi la faccia. Ho la barba abbastanza lunga, morbida. Mi gratto sulle guance, e sento la barba che fa le fusa tra le mie dita. Sorrido, come un gatto che sorride. Peccato che non possa vedermi.
I confini tra la sabbia e il cielo continuano ad essere nitidi, precisi. Una incredibile linea sottile e perfetta tra l'azzurro del cielo e la sabbia dorata. Niente li unisce e niente li separa, come due colori che si sono avvicinati tra loro, alla minore distanza possibile.
Forse la distanza perfetta tra due colori è quando riesci ancora a distinguerli. Quando si mescolano non c'è più bisogno di cercarla.
Forse questo è successo anche tra noi, e adesso che lo so, mi sento perso, come se tutto il mio corpo fosse separato dalle proprie funzioni.
Riesco soltanto a pensare: di camminare, di spostarmi, di allungare le braccia verso di te, di muovere le labbra per dirti che non riesco ad avvicinarmi, per chiederti se puoi venire tu, verso di me.
Forse è anche questo, l'amore: aspettare qualcuno o qualcosa che non puoi, che non sai raggiungere; aspettare che lo capisca, che provi lo stesso desiderio, e sperare che lo faccia al tuo posto.
Per rimescolarmi, per rimescolarti.
Per rimescolare i nostri colori.