Che fai dormi?
Lo so. Ci sono tunnel spettacolari in cui puoi entrare e colorare le pareti con la leggerezza di un dito mignolo. Canticchiando, sospirando ed ignorando. Come se fosse tutto tuo ma non per sempre, solo per un attimo.
Ci sono dirupi con la profondità del mare e le onde, se le senti, sono musica trasandata per le orecchie più stravaganti.
Ci sono materassi dove la pericolosità è scritta nell’ultimo centimetro, lì in quell'appiccicato granello di sale della pelle. Il sudore che permane potrebbe essere veleno per chi, per un attimo (quell’attimo..), ci crede.
Cosa ti manca, chiedo io, figlia mia.
Eppure sei gentile. Sei donna e - pertanto - per costruzione onomatopeica sei lottatrice senza fine. La vedi la fine? Forse vederla ti aiuterebbe a non sprofondare in te stessa, in quella voglia atavica di piacere.
Cosa ti succede? Ma non vedi che così gli stupidi penseranno che sei stupida?
Ti mangeranno viva perché hanno più fame di te.
Non la sanno gestire la precarietà dell’anima.
Non sanno fare i conti con i perché.
Oggi ti ho vista passare per strada. Mi sono nascosta dietro ad un gruppo convulso di atroci ragazzini.
Ti guardavo tra i movimenti di questa città, aprivo le sezioni dell’atmosfera come finestre da cui poter rubare le rotondità di un paesaggio.
Non ti ho spiata, ti ho cercata. Ti ho trovata dietro il dove più contorto, dietro la mano salvifica di un evento casuale e dietro le vesti sintetiche di un giovane cameriere di un bar. Poteva chiamarsi Fabio, non so. Sembrava contento: chi porta un caffè è sempre contento, credo. È la consegna di un piacere certo, definito, deciso e assuefatto di senso.
Il grembiule verde si muoveva con il vento caldo ed io sentivo la tua incostanza. Bussava in me come un ospite atteso ma non gradito. Non ho paura di questo ritmo. Lo ascolto figlia mia.
Guardavi per terra e poi subito verso l’alto. Poi ti sei fermata, prima di una vetrina. Per specchiarti il profilo, per ricostruire i tuoi pezzi e capire, così, il punto di vista di coloro che provano a guardarti, davvero.
Mentre ti scrivo adempio ai miei doveri di donna e moglie. Aiuta a far tornare i piedi per terra a questa vita che, se permetti, sta davvero delirando a botte di ego e inettitudini.
Ho cercato per casa tutti i bianchi da lavare. Mi sento una fattucchiera moralista nei minuti prima del suo esperimento quando riesco a dividere i capi prima di consegnarli a mamma lavatrice. Dopo tutti questi anni credo ancora che fare il bucato sia la cosa più romantica del pianeta. Raccolgo straccetti di vita, ne sento l’odore, il tatto consumato e decido - con assoluta padronanza - di dare una nuova fresca chance a dei momenti che ripartiranno di nuovo. Non saranno migliori, ma diversi.
Scusami tanto, che sbadata, ho deviato il tema o forse no, forse ho appena effettuato una TAC con tanto di liquido di contrasto.
Ma a cosa serve?
Io ci sono sempre per te, come un brufolo sotto pelle. Sono brutta, scomoda, appartengo al passato ma ci sono sempre.
Ora ti saluto, starai dormendo.