Da non credere quanta fame hanno questi coccodrilli.
E la stessa fame ogni giorno, poi. Ogni giorno benedetto che il padrenostro manda in terra. Senza saltarne neanche uno.
Guardare e crederci, invece.
Io e gli altri li osserviamo in silenzio dalla nostra barca.
Che si avviano lenti. Circospetti. Concentrati. Per raggiungere una fonte di cibo.
Coccodrilli anzianotti.
Coccodrilli con più niente da fare.
Coccodrilli che gli manca tanto la compagnia.
Coccodrilli con tanti troppi figli.
Coccodrilli senza una tana.
Traversano la corrente senza guardare a destra o a sinistra. Cosa gli può importare. Sono coccodrilli, loro. Sanno come comportarsi in questo fiume fangoso.
Come tenere a bada noi turisti. Noi qui di passaggio.
Si radunano sempre sotto lo stesso cartello. Pane quotidiano, leggiamo dalla barca. Sanno che là troveranno. Disposti quasi in ordine già presto al mattino. Per accogliere bocconi che io e altri non mangeremmo.
Gli occhi sporgenti di fame. Il resto sotto il pelo dell’acqua.
Sotto giacche a vento senza forma. Sotto veli che coprono e fanno caldo. Sotto berretti di lana. Preziose pelli di questi coccodrilli.
Si danno sulla voce senza capirsi, ché vengono da paludi diverse.
Vedete? Anche le loro femmine proteggono i piccoli. Anche i loro maschi certe mattine si picchiano. E se ci son lacrime, chessaramai. Son di coccodrillo.
Sacche. Borse. Carrelli. Fanno provvista. Fanno commercio tra loro. Di quel pane quotidiano ricevuto in più che – padremio e padrevostro – non si nega e si può pure vendere. Chi arriva tardi per mettersi in fila aspetta gli altri col carico. Al piccolo mercato sotto il semaforo.
Avete letto la notizia sul giornale? Che evento, che evento! Presto aprirà Hall of Fame. Cucineranno gli chef più famosi al mondo. Doneranno a chi ha più bisogno i loro piatti squisiti. Che gioco di parole delizioso.
Coccodrilli in circonvallazione! dice ancora il giornale. Sono troppi, troppi. Impediscono il passo a noi turisti. Alcuni si avvicinano tanto così alla barca rosso fiammante. Meglio tenersi lontani dalle fiancate. Allungare una mano non serve, non placa la loro fame. Restiamo ben dentro, cinture allacciate. E saremo al sicuro.
Giusto il tempo che torni il verde.
A meno che la barca non si ribalti, certo. Ma non succede mai. Non può succedere. Non pensiamoci neanche. Finire nella loro melma. Che assurdità. Noi turisti abbiamo una fatica onesta che ci impegna. Passiamo di qui ogni mattina, sì. Lenti come loro, sì. Fianco a fianco. Ma non è certo in questo luogo che stiamo andando. Non scherziamo.
Che non abbiamo mica idea di come sopravvivere qui. Dev’essere per questo che l’acqua torbida ci fa così paura. Da sempre. E di più ancora, le creature che la abitano. Sono esseri preistorici. Sfuggiti all’evoluzione. Abbiamo poco in comune.
Anche noi però sappiamo come piangere dopo. Piangiamo quando non si rimedia.