Cosa resta di quel fuoco che è stato,
di quella chimera di sole unto
e di spari nello stomaco.
E di cavalli sulla lamiera di estate.
Un solo briciolo di follia
a perdersi in questa prateria di delizie
e di laceranti ferite.
Una scodella di piacere
e di illusione. Stelle filanti
e gridi. Libri.
Senza forza e senza voglia,
inondare i materassi di denso adipe,
di stanco oblio. E godere la malattia,
la solitudine e il freddo caffè.
E godere la lontananza del passato.
Libri. E piedi caldi sotto le coperte.
Il sublime che se ne va a puttane.
La poesia che è prosa fritta
con le uova e la pancetta.
Cosa resta.
Corridoi fra l'avvenire e il terrazzo.
Resta un grumo di neuroni,
un ghiribizzo
di cianfrusaglie da soffitta.