Finalmente finimmo il viaggio e raggiungemmo la valle che con tanta agonia e sofferenza riuscimmo a raggiungere lontano da quel mondo che ormai non ci apparteneva più.
Eravamo circondati dai monti che sembravano far da matrice ai raggi del sole che parevano dei meravigliosi cristalli d’opale che trasudavano tutto il calore ed il sollievo che soltanto un crepuscolo può donare.
Eravamo tutti molto felici e provai una sensazione che non osavo sentire da moltissimo tempo: era la nostalgia dei bei ricordi evocati dal bellissimo ed idilliaco dipinto che la natura ci stava donando in premio e la soddisfazione di essere riusciti, dopo così tanta sofferenza, a raggiungere i nostri obbiettivi.
Scoppiai in un profondo pianto liberatorio che pulì via parte dello sporco che incrostava il mio viso.
Il momento era così singolare per noi che avevamo ormai dimenticato cosa potesse essere esseri umani, che decisi di osare ulteriormente e mi lasciai andare cercando di vivere ogni sensazione che quel bacio di natura mi stava donando assieme a tutti gli altri.
Mi feci trasportare dall’illusione di non star più nella realtà, di essere un tutt’uno con il mondo, no, che dico … con l’universo stesso e chiusi gli occhi lasciandomi scorrere addosso tutto il mar di vita che mi stava venendo donato.
Il mondo che per tanto tempo ci aveva perseguitato, sembrava or starci donando il sollievo che stavamo cercando proprio da esso, ma la realtà ci fu amara anche in quell’istante e si presentò come uno schianto inaspettato.
L’unica donna in dolce attesa del gruppo emise un nero urlo di bestiale sofferenza e appena mi girai, le vidi uno schizzo di sangue sporcare le gambe con dei copiosi fiotti provenenti dal basso ventro e lanciai una disperata bestemmia alle divinità che ci avevano evidentemente abbandonato.
Ella gridava, con un viso che esprimeva tutta la tragedia che vivemmo per poterci salvare, il nome del suo compagno scomparso durante il viaggio.
Le altre donne del gruppo accorsero subito in suo aiuto cercando quantomeno di salvare la vita della donna che stava dando alla luce il suo figlio morto.
Tra le grida di infinito dolore, tristezza e le insignificanti parole di conforto, le nutrici sprigionarono tutte le loro rimanti energie in quell’atto di disperata umanità ed altruismo e riuscirono a salvare la donna che, esausta, svenne come se volesse rifugiarsi nel sonno.
Una nutrice, in un impeto del più primordiale senso materno, prese in braccio il bimbo morto ed io andai da lei, attratto dalla scena che mi stava venendo mostrata e quando fui abbastanza vicino per veder per bene il feto; un raggio di sole colpì il tenero viso senza apparente vita del bambino e di colpo, come per miracolo, gli occhietti si aprirono mostrando una luce che mai potrò dimenticare e che mai potrò rivedere negli occhi un essere umano e si richiusero poi per sempre, terminando quella vita iniziata dalla morte e finita di nuovo in essa.
Profondamente colpito dai suoi piccolissimi ed irradianti occhi, mi scapparono dalle labbra delle parole che ancora adesso mi commuovono e dissi: -E’ come se, anche dopo la morte, avesse voluto contemplare anche lui la bellezza di questo momento.-.
Fu proprio da quel momento che chiamai quella landa casa.


Avventura
Cristalli di luce
Pubblicato il 19/04/2020Un viaggio all'interno di un dolce sogno infernale
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Ci sono alcune espressioni molto belle, come "bacio di natura" o "pianto liberatorio che pulì via parte dello sporco che incrostava il mio viso", ma altre un po' troppo "barocche" come "che mi stava venendo donato" o "un nero urlo di bestiale sofferenza" che appesantiscono un po' il testo. Segnala il commento