Avevo la tuta di Leonardo delle Tartarughe Ninja. Lei, sotto al giubbotto, il costume di Pocahontas. Ci siamo incontrati in piazza a Comacchio con gli altri della classe, poi, tutti assieme, abbiamo seguito la processione dei carri fino al Villaggio delle Rose.
Ricordo che l’anno prima ero su quello dei cowboy con mio papà. Mi sono divertito un casino ma è buffo pensare come sia cambiato tutto il mio mondo da quel giorno.
Franco e Fabio facevano gli scemi, si rincorrevano spruzzandosi addosso la schiuma. Io no, mi limitavo a raccogliere i coriandoli che lanciavano a manciate dai carri. Non volevo finire tutta la schiuma come stavano già facendo loro due.
La guardavo.
Lei stava scartando una caramella che aveva acchiappato al volo. Così le ho soffiato contro una stellina che le si è arricciata tra i capelli. Lei si è voltata e, quando ha capito che ero stato io, mi ha sorriso. Poi ha fatto una linguaccia.
Era una giornata bellissima, eravamo tutti abbastanza grandi da stare da soli. Non c’era nessun genitore ad accompagnarci.
Quando, dopo aver seguito la processione, siamo arrivati al Villaggio, la gente si è ammucchiata sotto l’obelisco.
Io chiudevo la fila. Da lontano ho guardato il carro di Bombolo che prendeva fuoco, e la cenere che sfarfallava nell’aria gelata. Si è accartocciato, si è piegato in un modo strano che mi ha fatto un po’ di senso. Sembrava che stava male. Ha continuato a bruciare mentre la gente ballava una canzone di Raffaella Carrà.
Mi sono sentito spintonare: era lei. Aveva, come tutti, il casino tra i capelli. Coriandoli, cenere, schiuma.
Mi ha preso per mano, mi ha portato dentro alla folla.
Balla, Gelli! Mi ha detto.
Così ho fatto un po’ di mosse, ma mi sentivo come di legno.
Lei è scoppiata a ridere. Che cos’è? Mi ha chiesto.
Ho continuato a ballare, e più la sentivo ridere, più mi ero a mio agio. Non ero bravo, ero stupido, ma mi piaceva essere stupido. Lei ha fatto una specie di piroetta e io per imitarla mi sono sbilanciato e sono andato a sbattere contro un signore che stava bevendo da un bicchiere di plastica. Aveva la faccia rossa. Stordita. Gli ho chiesto scusa. Ha brontolato.
Poi, io e lei, ci siamo allontanati.
Siamo andati vicino all’entrata della chiesa, là dove c’era una tavolata di roba da bere e da mangiare.
Ti va di berci il vino? Mi ha chiesto.
Non te lo danno mica. Le ho risposto.
Te guarda.
Si è messa in fila, poi quando è arrivato il suo turno, ha chiesto il vin brulé per la sua mamma e il suo papà, come se niente fosse. La signora le ha riempito due bicchieri, le ha sorriso.
Lei è tornata da me, mi ha fatto l’occhiolino. Mi ha passato il bicchiere.
Vieni. Mi ha detto.
Avevo paura. Il bicchiere era caldo, fumava.
Ha dato lei il primo sorso, ha fatto una smorfia.
Deeeah.
Un altro sorso. Ha tossito.
Dai tocca a te, non fa così schifo. Mi ha detto.
Ma te hai già bevuto prima? Le ho chiesto.
Si è messa a ridere.
Su. Non fare il cagasotto.
Tenevo il bicchiere, un po’ tremavo. L’ho avvicinato alle labbra, il fumo mi è entrato prima in bocca e poi nel naso. Mi ha stordito. Ci ho soffiato sopra. Ho deglutito. Avevo la nausea. Ho chiuso gli occhi e ho dato il primo colpo, forse troppo pieno. Mi è sceso in gola, denso, per me non aveva sapore era solo l’inferno. Subito dopo ho preso a tossire, mentre lei non riusciva a smettere di ridere. Quella cosa mi stava già strangolando lo stomaco.
Dai finiamolo assieme. Al mio tre.
Dopo, lei ha gettato il bicchiere tra gli sterpi di una casa vecchia. Io avevo paura che qualcuno ci avesse visto. Ho fatto lo stesso.
Volevo affrettarmi e tornare a vedere Bombolo che finiva di morire.
Lo vuoi un bacio? Mi ha chiesto.
Poi senza aspettare che le rispondessi, si è buttata su di me e ha pestato le sue labbra sulle mie. Mi ha sbilanciato, siamo caduti nel fango.
È scoppiata di nuovo a ridere.
Ma che, sei scemo? Mi ha preso il viso tra le mani e mi ha dato un altro bacio, veloce, meno pesante del primo. L’ha ripetuto più volte, dappertutto. Mentre mi baciava rideva. Poi ha tossito.
Ti piace come ti bacio? Hai un così bel faccino, Gelli. Te non vuoi baciarmi? Ti faccio schifo?
Io iniziavo a non capirci poi molto di quello che stava succedendo. Ero nel fango, lei sopra di me.
Ho vomitato.
Poco dopo, anche lei.
Così è iniziato.
Credo sia questa la ragione per la quale sono qui oggi.