Preparo caffè che poi mi dimentico di aver fatto. La macchinetta della moka sfida la Nespresso a colpi di cucchiaini vs cialde. Vincono quasi sempre le cialde perché sono piccoli guerrieri superattrezzati alla praticità del mondo moderno in cui non c'è più tempo: "presto, bisogna far presto, butta la tazzina sporca nel lavandino che la laviamo poi. E'ora di andare"
Sì, ma dove...? Ci penserà la lavastoviglie che in tre anni non ho mai azionato.
E così tra una sigaretta e l'altra capita di restare in controtempo spiazzati come da una batteria che scuote i piatti troppo velocemente. "Cazzo ma l'avevo già fatto il caffè!!..." e vabbè c'è un microonde nascosto dentro uno sportello che mi viene in aiuto. Mangia roba fredda e la risputa calda mentre Alexa accende le luci da un robo che sembra un pezzo di carbone e il Bose mi ricorda che New York è più che altro uno stato della mente. Fuori gli operai continuano a scavare come forsennati, ma la fretta è tale che nel sole che splende su una tapparella elettrica che si abbassa come una saracinesca su di un'officina domestica, una benna spezza un cavo insediatosi nella terra sotto ai nostri piedi.
All'altro angolo della strada una vecchietta coi rapanelli nel sacchetto della spesa non sa che sta camminando su un filo arancione. Un uomo sputa a terra su un patrimonio di cavi in fibra ottica che partono da una macchia d'olio o da una merda di cane che segnano una crocetta su un marciapiede da cui parte una lunga linea immaginaria che si perde sotto le profondità dell'oceano.
La corrente salta all'improvviso. Tutte le spie impazziscono come colpite da un fulmine. Il suono ripetitivo di un encefalogramma piatto mi arriva dalla rianimazione di un ospedale e mi ricorda il giorno in cui mia madre morì ed io ero lì a guardare, impotente e inconsapevole del mio destino. È un cuore che ha smesso per sempre di battere. E anche nel qui e ora nulla dà più segni di vita nel campo elettromagnetico in cui galleggiano i ricordi.
La lavastoviglie resta morta come prima, ignara del rischio corso. Il boiler non spruzza più acqua calda. Eppure son certo che stavolta non sarà per sempre. E allora questo caffè me lo bevo amaro. A freddo. Sarà il frutto di una cialda spremuta o della moka rimasta a osservarmi in silenzio dal piano a induzione? Anche Billy Joel non picchia più le dita sui tasti di un pianoforte. Ma in questa confusione di cavi e luci elettriche che passano sopra e sotto le nostre teste me ne infischio, e riprendo a spararmi NYSOM dallo smartphone che segnala ancora una tacca di vita aliena.
Mando giù un sorso di caffè freddo da una tazzina incrostata. Ho un rigurgito di fastidio come se m'avessero spruzzato una fetta di limone in un occhio. Poi mi accendo la sigaretta della staffa e tutto torna a pulsare come prima, mentre gli operai smadonnano al sole e il salvavita chiede aiuto.
Anche stavolta son sicuro che ripartirà tutto. Non può finire tutto così.