io non ti vedevo dormire da vent'anni.
è andata proprio così
l'ultima volta in quella stanza d’albergo a Barcellona
ultimo piano
sotto per strada le automobili sfrecciavano assassine
noi sul pavimento a ricostruire intimità fatte di fiato
e lingue
gli zaini sparpagliati isole abbandonate
il bagno in corridoio.
quella notte dormimmo abbracciati
bradipi dalle unghie di marzapane
sopra di noi la pioggia martellava
i piedi nudi allodole accoccolate
e la promessa di non lasciarci mai
accada ciò che accada, ci ami chi ci ami.
vent’anni di giorni sbriciolati
dentro e fuori le cose della vita
telefonate improvvise
come i botti di capodanno sul balcone,
e il ricordo del gestore dell’albergo
identico a Bela Lugosi
che però ci servì cioccolata bollente in tazza
quando intirizziti rientrammo dopo un temporale:
non sapeva avessimo fatto l’amore sotto un platano
nell’angolo buio di una piazza
tra turisti che fuggivano la pioggia
e i fulmini.
ti rivedo così vent’anni dopo
dormire
il profilo affilato da squalo di carne rosa e capelli
nella cassa
esposta al dolore di amici e parenti
la banda del paese a suonare
e la stessa pioggia di allora
che ricopre tutto come formiche di cristallo.
a Barcellona un bambino
vent’anni prima
investì i nostri piedi con una papera di legno
e rise per come ritraesti gli alluci
divertita e spaventata.
<l’amore è una papera di legno>
ci dicemmo ridendo
<non avere paura se ti viene addosso, non scansarlo>.
adesso
fuori da qui
la pioggia ha il ritmo
di zampe palmate e tristi
che girano senza meta.