Alice ha capito come andare avanti lasciando liberi gli altri per avere indulgenza verso sé stessa e uscire dal guscio.
É un'ora come un'altra non ha importanza, potrebbe essere sera o mattina, estate o autunno, esserci il sole diversamente piovere cosa cambierebbe se lei continuasse a negare l'evidenza di un grande impossibile da cambiare, da raggiungere, quando un piccolo attimo è alla sua portata; l'unico su cui può mettere le mani decidendo di viverlo come viene per poi affrontare il prossimo restituendo al mondo l'irrealizzabile.
Alice dimezza i programmi, ha dimenticato le colpe false e quelle vere sennò si arena nella palude stagna dei ricordi, peggio dei rimpianti, sarebbe ridicolo insistere nel voler cambiare un pensiero che non l'attrae perché fa male occuparsi di tutto.
Adesso ha bisogno di chiudere gli occhi, sentire scivolare sulla pelle il bagnato delle lacrime asciutte lenisce il passato, punisce il domani premiando il presente privo di tempo.
Come si fa, si fa.
Alice assapora il poco di un minuto soltanto e le piace.
Niente di eccitante, una leggera esplorazione mettendo a fuoco il suo fisico ancora piacente, abbastanza accettabile, così archivia il sudore forzato della palestra molto meglio una camminata veloce attraverso il parco immerso nel giallo e nel rosso tuffandosi nel blu del lago fermandosi con lo sguardo sul regno della natura placida di un fuori onda.
Cosa dire, si dice tacendo.
Nulla di critico accettando i panni altrui con un però: appesi agli omini dietro le ante chiuse di punti di vista intoccabili.
Qualvolta chiedersi è troppo, liberarsi non serve, non esiste prigione fuorché una finestra sbarrata dai limiti inventati della testa.
Bene, nel momento dell'arresa percepisce la vibrazione della particolare scoperta del nuovo sentiero: il proprio indivisibile percorso personale.