senti Carletta
ho ricordato all'improvviso di quella volta in riva il mare
quando giocando ti sfilasti le mutande
e le usasti come bandierina di segnalazione
all'indirizzo di quei pescatori lontani
un saluto malizioso
l'illusione di approdi impossibili
dicendomi ”amore vedi com'è strano
giocare a condividere trasgressioni
senza per forza mettere le mani in pasta
anzi, siccome adesso si avvicinano
penzolanti di ami e reti
che ne diresti di tornare al nostro amore
distesi sul divano, le ciotole di bruscolini accanto
a ripensare a questa mia follia?”
lo ricordavo oggi
col retino verde in mano
immobile a guardare la popolazione del nostro acquario
tu da tua sorella a parlarle della nostra intenzione
di figliare
io in ciabatte a immaginare di invadere
quei cento litri d’acqua dolce
astrarmi
distendermi sul fondo
rimpicciolirmi e farmi pietra
semplicemente stare
come una cosa ungarettiana
da dimenticare
(tra l’altro è già natale).
invece mi è bastato
fissare per ore quel finto mare
col blublublu del depuratore in sottofondo
per tornare indietro nel tempo
e ricordare
che dopo quella cosa dello scherzo ai pescatori litigammo
perché uno di loro da lontano urlò
“Carletta, aspetta, non andare”
ma poi questa stranezza fece parte del gioco delle parti
ci eccitò fantasticare
e il desiderio seppellì il sospetto
tra le lenzuola del letto
e gli anacardi.
però adesso
chissà come e perché
quel pensiero è riaffiorato
arpionandomi il cuore
sarà il momento del trapasso
da compagno a (probabile) padre
ma come una murena famelica
mi si srotola dentro la voglia di litigare
e così
pesco col retino tutti i pesci
li adagio sul tappeto
li lascio soffocare.
l’ultimo a spegnersi
è un pesce neon.
seduto sul divano
resto a guardare.