Alfio vorrebbe muoversi, ma il braccio del bambino lo tiene incollato al materasso.
Alza con difficoltà la mano sinistra, curioso di toccare la consistenza di un abbandono sul suo corpo: è gommoso come una panna cotta e pesante come un'incudine.
Li aveva visti, questi tre che ora occupano il suo letto in un modo che fino a poche ore prima avrebbe definito impensabile, prima che Mila entrasse con tanta naturalezza a consegnargli il suo pacco di dolore, li aveva visti sul lato della strada mentre guidava piano verso il mare - molto piano, in realtà: quando è assorto nei suoi pensieri dimentica di premere un po' sull’acceleratore.
Non che avesse voglia di venirci al mare, ma è andata così. Tutta colpa di quella perdita di gas. Stava rientrando a casa dal lavoro: era sceso dall’autobus scrollando le gambe per staccare la stoffa leggera dei pantaloni dalle cosce sudate. Anche la camicia a maniche corte, che lo avvolgeva come il budello di una salsiccia, era bagnata sulla schiena. Non vedeva l’ora di entrare in casa, fare una doccia e poi, canottiera e pantaloni corti, buttarsi in poltrona e aspettare la sera - e la notte, e il giorno dopo, che era sabato. A quel punto era arrivato davanti al portone e aveva sentito l'esalazione di gas dal tubo condominiale.
Li aveva notati perché andava piano, seduti sul ciglio dell’Aurelia - la donna reggeva un cartoncino con su scritto a pennarello MARE.
Erano entrati in macchina senza esitazioni.
Grazie, avevo promesso ai bambini che li avrei portati al mare e invece
Siete fortunati, ci sto andando anch'io.
I bambini erano sudati e coperti di polvere. Consapevoli, però - avevano messo subito le scarpine sul sedile e le strusciavano alla tappezzeria per ripulirle.
Da dove venite?
Dalle parti di Parma, è da stamani presto che facciamo l’autostop.
La donna parlava con accento slavo misto all’emiliano. Era giovane e forse anche bella, ma aveva un viso da vecchia. Alfio pensò che fosse una creatura antica, che avesse conosciuto i vicoli di Babilonia e le scure stanze di Ninive. I bambini dietro saltavano e urlavano, ma la madre sembrava non sentirli - abbandonata sul sedile con quell’aria devastata.
Alfio non sapeva cosa dirle. Avrebbe potuto parlare della fuga di gas, e di come gli sembrasse una strana coincidenza quella storia e tutto il resto.
Quando il tecnico del gas aveva suonato, lui era uscito lasciando la porta dell’appartamento spalancata e aveva fatto altrettanto con il portone condominiale, prudentemente. Ma l’uomo gli aveva chiesto uno straccio e del sapone liquido e sembrava che avesse fretta, così lui era rientrato in casa di corsa e s’era affannato a trovare uno straccio - quello per pulire i pavimenti, un asciugamano vecchio, un canovaccio da cucina, che straccio vuole, questo? - e poi rapidamente era uscito di nuovo e forse era stato per la velocità forse aveva creato una corrente spostando il suo corpo grasso con tanta rapidità fatto sta che la porta dell'appartamento gli si era chiusa dietro. Si era bloccato come una statua di sale, alle spalle il portone serrato e di fronte a sé il braccio del tecnico, magro muscoloso e definitivo a chiedere il sapone e lo straccio. Di questo, avrebbe potuto parlare alla ragazza vecchia. E di quell’altro fatto strano - trovarsi le chiavi dell’auto in tasca. Non aveva senso, nemmeno lui sapeva da quanti giorni non prendeva la macchina. Però che importanza aveva, alla fine con l’auto poteva andare al mare, alla sua casa per le vacanze, e là avrebbe potuto prendere le chiavi di riserva, che teneva sempre in un cassetto del comò. Di questo no, non avrebbe dovuto parlarle: sarebbe stato di cattivo gusto mettersi lì a dire che ha la casa al mare. Comunque, non le aveva raccontato niente.
A quel punto in macchina c'era stato un rumore orribile che sembrava uscito dalla gola di una enorme rana toro e Mila aveva detto Oh accidenti Iuri ti ha sporcato tutto il sedile, hai degli stracci in macchina?
Era la seconda volta in poche ore che qualcuno gli chiedeva uno straccio. E no, niente stracci in macchina, non gli erano mai serviti. Pazienza, domani avrebbe portato la macchina a lavare. Di nuovo non sapeva cosa dire agli occhi antichi che lo guardavano senza apprensione - senza espressione.
Se n’era uscito con una cosa che non sarebbe mai interessata a nessuno. E forse per questo l’aveva detta a lei.
Sai Mila? Io non uso segnalibri. Faccio sempre un sacco di tentativi per ritrovare la pagina, mi sembra più giusto. È un po' la storia dei compleanni: non voglio segnarmi le date, devo ricordarmele da solo. Sono ormai anni che non faccio gli auguri a qualcuno nel giorno esatto del compleanno. Però ci vado sempre abbastanza vicino, ecco, e mi basta. Poi, le cose vanno come devono andare
Non avevano più parlato per un pezzo finché Iuri aveva iniziato a lamentarsi per la fame.
Ma com’è possibile, non capis
Eh per forza, hanno lo stomaco vuoto. Iuri poi, ti immagini, non ha più niente.
E così aveva pensato di dare un senso alla giornata portandoli a mangiare qualcosa sul mare - una terrazza sugli scogli dove i bambini si erano esibiti nel lancio di piccoli pezzi di pizza che a volte planavano fino ai tavoli vicini. Mila aveva detto una banalità, che si vedeva il tramonto come su uno screensaver e lui le aveva dato ragione.
Torni in città, Alfio?
No, sono stanco. Penso che mi fermerò in una casetta, proprio un buco che ho qui vicino.
E non potresti farci stare con te? Per favore, solo per stanotte, ti va?
In fondo per quale motivo avrebbe dovuto dire di no.
La pozza di vomito doveva essersi surriscaldata: l'odore in auto era insopportabile e Mila aveva detto che i bambini avevano ragione a non volere restare sul sedile dietro. Li aveva sistemati davanti - la piccola Maria in braccio e Iuri nel mezzo, appollaiato sul freno a mano.
Quando Alfio aveva svoltato nella stradina dove avrebbe dovuto parcheggiare, Iuri gli era saltato sull’inguine e aveva stretto il volante con quelle sue manine forzute, opponendosi al movimento verso destra che Alfio stava imprimendo alle ruote e così alla fine erano andati a sbattere nel lampione. Non troppo forte, però, niente di irreparabile. E poi, nessuno si era fatto male.
Avevano raggiunto la casa a piedi, era lì vicino. Ed è lì che si era reso conto - cazzo ma come avevo fatto a non pensarci - di non avere le chiavi e che quella era una giornata in cui qualcosa doveva per forza andare storta. Ma Mila stava già aiutando Iuri a scavalcare il cancello del giardino e da lì con una sassata avevano spaccato la finestra della camera e si erano infilati in casa; subito dopo avevano aperto la finestra grande della sala per permettere di entrare anche al suo grosso culo.
Mila aveva chiesto, e aveva ragione senz’altro, che cosa avrebbe fatto se non ci fossero stati loro.
Si era buttato sul letto vestito. Mila aveva sistemato i bimbi nella seconda camera poi gli si era sdraiata accanto, con i jeans e tutto il resto. Alfio aveva appena iniziato a fantasticare sul corpo muscoloso del tecnico del gas sdraiato vicino a quello di Mila quando erano arrivati i bambini a intrufolarsi tra loro, Iuri accanto a lui e Maria attaccata alla mamma.
C'è pace ora nella camera, c'è questo bimbo che gli pesa addosso e il profumo resinoso della pineta che entra dalla finestra rotta. Un attimo prima di cedere al sonno Alfio sente dei singhiozzi e prova una stretta al cuore, prima di capire che sono suoi.