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Narrativa

FUORI SERVIZIO

Pubblicato il 16/03/2023

Storia del Signor Fossetti che si reca al lavoro una bella mattina piena di sole e nebbia.

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Era una bellissima mattinata piena di sole e nebbia. Nebbia che si faceva tanto più fitta quanto più i raggi del sole cercavano di passarvi attraverso. Certe cose non si possono forzare, bisogna lasciarle andare e basta, pensava il Signor Fossetti mentre percorreva a piedi il tratto di strada che lo portava al lavoro. Com’è bella, la nebbia, diceva tra sé. È come nuotare nello zucchero filato. Denso, colloso. Che profuma di buono.

Non si riusciva a vedere che a pochi passi dai propri piedi. Avanzava, il Signor Fossetti, guardandosi le punte marroni delle scarpe lucidate solo la sera prima avanzare alternativamente l’una all’altra, con le punte arrotondate, le stringhe ben intrecciate, i minuscoli fiocchi così solidi e funzionali sul collo del piede; avanzava nella nebbia densa come albume montato a neve immaginando che il suo marciapiede sarebbe potuto essere un altro, e non il solito. Questa idea lo stuzzicò, la trovò divertente. Pensa che scherzo farei ai colleghi se non arrivassi al lavoro questa mattina solo perché nella nebbia ho preso un'altra strada, pensava.

Il bordo bianco del marciapiede proseguiva come una linea tracciata col gesso. Il Signor Fossetti conosceva a memoria tutti i suoi compagni di percorso. Tombino, bottiglia di birra coricata, strisce pedonali, dosso, tombino, guanti blu. Ed ecco, all’incrocio si attraversava e si prendeva una scorciatoia che lo portava dritto nel retro del parcheggio dell’edificio in cui lavorava. Bisognava passare dal sottopassaggio della stazione di Brevi: se si sbagliava il minuto si veniva travolti da centinaia di studenti delle scuole superiori. Nuotare controcorrente dentro un banco sincronizzato di pesci che non ti guardano, ma pensano solo alla loro sopravvivenza e ti urtano e schiacciano come se fossi tu a sbagliare, ecco com’è, pensava con timore e disgusto il Signor Fossetti. Lui, poi, era particolarmente svantaggiato in questo confronto. Metabolicamente magro, era stato un adolescente allampanato e timido. E adesso era un cinquantenne goffo e timorato delle opinioni altrui. Il suo naso bitorzoluto e piccolo era sempre stato oggetto di scherno, prima, e argomento di sguardi indiscreti, poi. Aveva tentato, invano, di coprirlo o quantomeno di spostare l’attenzione dal suo naso acquistando degli occhiali dalla montatura grande e quadrata anni settanta, come quelli che aveva il suo professore di algebra alle superiori. Questi era un uomo basso, rotondo, ma con uno sguardo di ferro dietro a quegli occhiali, in grado di sopprimere qualunque voglia di scherzare anche al più scapestrato tra gli studenti. Il Signor Fossetti, a un certo punto della sua vita, deve aver pensato che se avesse avuto anche lui occhiali così, probabilmente si sarebbe trasformato in un uomo da temere, rispettato e rispettabile.

Quindi eccolo all’incrocio, intento a guardare attentamente nella nebbia, strizzando gli occhi, reggendo con una mano l’asta dei grandi occhiali quadrati. Scrutò da tutte le parti, tese le orecchie: non c’era traccia di auto in movimento. Attraversò la strada osservando le strisce bianche che comparivano sul nero dell’asfalto. Ebbe un brivido quando gli sembrò che fossero troppe, ma si sentì sciocco quando mise piede sul marciapiede dall’altra parte. Prese la scorciatoia che passava dalla stazione di Brevi. Controllò l’orologio: aveva fatto tardi, il treno di sicuro stava già riversando le sue viscere scalpiccianti nel sottopassaggio e sulla strada.

Che sorpresa quando, invece, non incontrò nessuno. Non si udiva alcun rumore, non c’era niente oltre alla nebbia che lo avvolgeva bianca e solida. Si avvicinò al sottopassaggio e lesse: FUORI SERVIZIO. Una grata ne impediva l’accesso. Meno di trecento metri lo separavano dal suo posto di lavoro. Cosa penseranno i colleghi di me, se faccio tardi? cosa dirà il capo?, pensava con ansia il Signor Fossetti. Non c’era  alternativa che fare tutto il giro della strada principale, allungando di un bel pezzo e purtroppo rischiando di fare tardi sul serio.

Si rimise in marcia preoccupato: non gli rimaneva che seguire la linea bianca dell’altro marciapiede che portava alla strada principale. Il sole si stava alzando e la nebbia si illuminava sempre di più, come certe nuvole nei quadri sacri dell’ascensione. Il Signor Fossetti camminava, le scarpe marroni con la punta tonda lucidata solo la sera prima, i fiocchi ancora ben stretti. Camminava nel fitto della nebbia rutilante seguendo la linea bianca del marciapiede sconosciuto. Gli occhiali scintillanti, il Signor Fossetti camminò a lungo in quella bellissima mattinata piena di sole e nebbia. Camminò instancabile nella luce, non arrivando mai al lavoro.

E nessuno si accorse di niente. 

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