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Fantastico

IL BASCO COLOR PERVINCA

Pubblicato il 28/01/2022

Storia di acque, castelli e copricapi

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IL BASCO COLOR PERVINCA

Aveva addosso un’aria musicale, come brandelli di una sinfonia. Forse erano quegli occhi piccoli e chiari che si fiondavano in direzioni impreviste fluttuando… finché s’incollavano a qualcosa, come appesi. Ma era anche quell’improbabile basco color pervinca calcato sulla fronte che, con quel colore romantico, sembrava una nuvola danzante sulla sua testa.

Uno straniero, giunto da poco, si era fermato a fotografare l’annuncio di vendita di una casa nel borgo più bello della bassa, una pertinenza del castello. Ma la casa era disastrata, se non per un vasto terrazzo dalla ringhiera alta, di ferro battuto.

Lei l’aveva letteralmente aggredito con un

- Vuole comprare?

La voce era stentorea e rauca, la donna stava piegata in due sul suo girello da passeggio.

Lo straniero non l’aveva notata e si fermò interdetto quando si ritrovò addosso i suoi occhi appesi. Allora con aria vaga, aveva detto

- Lei sa quanto chiedono, signora?

- No … Maria!!! Maria!!!

Aveva urlato la donna tendendo il collo ossuto verso la casa.

A quel punto sul terrazzo era uscita lentamente un’altra donna, una sagoma enorme con una coperta pelosa sulle spalle e un colbacco nero. E nella luce abbacinante di quel pomeriggio di ottobre, lo straniero aveva visto occhi truccati e rossetto sulle labbra. La donna fece un gran sospiro sporgendosi verso il sole, poi disse a voce bassa, con aria insofferente

- Che c’è Serenella? Che vuoi?

- Quanto chiedi … per la casa, quanto chiedi?

E “Serenella” aveva finito la frase con un colpo di tosse forte come una fucilata.

E “Maria” dopo una breve esitazione, aveva fatto un gesto, forse di disprezzo e poi era rientrata passo dopo passo senza una parola, trascinando le foglie secche del terrazzo nello strascico della sua coperta pelosa.

Poi lo straniero si era avviato attraverso la fiera “Acque&Castelli” quasi deserta. Nel borgo più bello della bassa non si era riversata tutta la città, come ogni anno, erano tempi di pandemia. Questa volta i venditori di fiori, torte, cestini, quadretti, statuine e mobili restaurati che avevano riempito il selciato nei pressi del castello, languivano con facce scure, spostando di qualche millimetro le loro merci e imprecando a voce bassa.

La ritrovò seduta sul suo girello a una bancarella piena di ferri, utensili e chiavi antiche, sembrava lo stesse aspettando.

Infatti gli rivolse subito la parola

- La può avere per meno di cinquantamila euro, quella casa … è ridotta male e il giardino è un cimitero.

- … Ah, signora! Grazie, forse andrò a vederla…

Rispose lo straniero con l’aria di chi vuol allontanarsi al più presto.

- Si faccia accompagnare, quando ci va… si faccia accompagnare!

L’anno dopo la fiera “Acque&Castelli” invece era gremita di persone, lo straniero camminava tra le bancarelle con aria svogliata, niente di notevole. Quando arrivò alla bancarella delle chiavi antiche alzò lo sguardo, il venditore era un ragazzo alto biondo con un basco color pervinca calato sulla fronte, appoggiato al muro, concentrato sul suo cellulare. Lo straniero si ricordò, toccò una delle chiavi e chiese il prezzo, il ragazzo sembrò risvegliarsi e disse

- Oh, sì, ma questa chiave è la più cara, vede? Ha la forma del brünhaust nell’occhio, è una chiave preziosa…

- Che cos’è un brünhaust?

- Oh! Non lo conosce? Di solito i collezionisti di chiavi ne sanno … è un orso domestico, molte famiglie nobiliari ne possedevano uno, se ne facevano emblema, questa chiave apparteneva a mia zia.

- Sua zia?

- Sì, mia zia, è defunta, questa era la chiave della sua casa, qui, appena fuori dalle mura, nell’ottocento c’era un orso ospite del giardino …

- Defunta?

- Sì, purtroppo, è annegata l’anno scorso. Sono 150 euro, ma le altre chiavi costano molto meno, se vuole.

Lo straniero aveva acquistato la chiave col brünhaust nell’occhio. Chissà perché, ma l’aveva fatto. Ancora frastornato si diresse verso l’arco sormontato dal pinnacolo e uscì dalle mura. Quando giunse davanti alla casa dalla grande terrazza si fermò a osservare. Non se ne era accorto subito ma c’era una figura seduta, tutta avvolta e con un cappello di pelo. Lo straniero stava lì sotto, immobile, quando dalla coperta sbucò un braccio sottilissimo come uno stecco, liberò la fronte dal colbacco e poi gli fece un cenno di saluto.

Lui rispose ondeggiando la mano e poi rimase a guardare quegli occhietti azzurri e guizzanti…finché ne fu sicuro, sì, sì. Era proprio lei! 

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blu ha votato il racconto

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Flying_Dan ha votato il racconto

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Mi affascina il tuo modo di scrivere, la descrizione dei luoghi e degli oggetti. Credo questo possa essere un inizio invitante per un racconto più lungo. Grazie!Segnala il commento

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Anonimo ha votato il racconto

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Tella ha votato il racconto

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Nyogen ha votato il racconto

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Davide Marchese ha votato il racconto

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Franco 58 ha votato il racconto

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Barbara ha votato il racconto

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Silvia Lenzini ha votato il racconto

Scrittore

Un bel testo. Sì, c'è qualcosa che sfugge, dalla seconda metà, ma mi piace e mi affascina. Ah, benvenuta!Segnala il commento

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Ti Maddog ha votato il racconto

Scrittore

A fine lettura mi sono posto delle domande, e questo è buono; non so se ho trovato le risposte, perché la sensazione che qualcosa manchi o mi sfugga rimane anche alla seconda lettura, ma il testo scorre. Bau! :) TiSegnala il commento

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Urbano Briganti ha votato il racconto

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di Eleonora Gregorat

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