Mette il cesto nel montacarichi. Striscia la card e il display si accende.
Buongiorno tek19. Dice la voce.
Digitare codice spesa. Dice la voce.
Tek19 fa il numero. Preme invio.
Elaborazione dati in corso. Dice la voce.
Tek19 aspetta che questo aggeggio si decida a funzionare. È un dispositivo antiquato. Per poveri.
A tek19 non piace per niente questa zona, non l’hanno mai mandato qui prima d’ora.
Pensa a un errore nella consegna ma poi il montacarichi si mette in moto e il cesto sale fino al ventesimo piano. Dal display parte una musichetta d’attesa, una hit vecchia come il mondo. Andrà tutto bene.
Il carico arriva in cima, c’è un’altra elaborazione dati in corso. Colpa del cliente questa volta, che prima di dare il via libera, vuole controllare a mano il contenuto del cesto. Dopodiché ricarica il display.
Avvicinare la card. Dice la voce.
Tek19 ubbidisce.
Transazione in corso. Dice la voce.
Poi uno squillo conferma il versamento. Il cliente vota la consegna con tre stellette su cinque.
Spilorcio. Dice tek19 tra i denti.
Ci sono voluti venti minuti per l’intera operazione. Un’eternità.
Tek19 volta le spalle, non prima di aver dato un’ultima occhiata schifata al palazzo, poi affretta il passo per recuperare il tempo perso. Ha ancora dieci consegne da fare questa mattina.
Ha dovuto parcheggiare il furgone molto distante dal palazzo perché il computer di bordo gli ha impedito l’accesso alla zona. Per proteggere il carico.
Dio santo, l’azienda si è ridotta proprio male per raggranellare nei bassifondi. Pensa tek19.
Non ha mai avuto esperienze di assalti frontali, ma se ne leggono di ogni sul web.
Per questo incarico chiederò la maggiorazione di rischio. Sicuro. Pensa tek19.
Gli hanno infilato questa consegna in mezzo al suo normale percorso, facendo come se niente fosse. A tradimento.
Avrebbero dovuto dargli un partner, qualcuno esperto nel maneggiare un’arma. Tek19 ha fatto l’esercitazione, cinque anni fa, ma non si è mai trovato nelle condizioni di usare la pistola. Ha sparato solo a delle sagome. Calmo. Con l’istruttrice che gli diceva bene così.
Lo hanno fatto tutti i fattorini. Poi ci sono le guardie che le aziende mettono a disposizione in caso di incarichi ad alto rischio.
Incarichi come questo.
Mentre corre, tek19 tocca la pistola. Il pericolo più grande è quello d’incappare in chi se l’è preso. Gente disperata e disposta a tutto pur di sopravvivere. Gente senza più scatti, senza un lavoro, senza una casa.
O solamente, comuni predoni.
Secondo la visiera, di questo passo, tek19 dovrebbe raggiungere il furgone in dieci minuti.
Amplia lo scenario, abbracciando più snodi, sino ad arrivare al furgone. Ora solamente un puntino rosso che lampeggia.
Girare a sinistra. Dice il suo casco.
Tek19 si è spinto troppo oltre e quasi dimenticava il presente.
Ritorna alla realtà aumentata di primo livello e la via s’illumina. Senza gli orpelli tecnologici apparirebbe squallida. Buia. Tek19 ringrazia di non dover sentire altri odori oltre il suo fiato.
Per quanto il percorso calcolato dal navigatore sia il più breve, di certo non è il più sicuro.
Il vento si porta con sé la sporcizia di un intero decennio. Di quando il mondo era ancora all’aperto. Giornali, cartacce, oggetti abbandonati. Le finestre sono tutte quante chiuse, i motori dei depuratori rombano ovunque, nella via deserta. Dall’altra parte c’è il mondo finto, il mondo dei paesaggi artificiali, di vite artificiali.
Sono i fattorini gli unici sopravvissuti. Le cerniere.
Tek19 si lascia alle spalle queste strade, i suoi alti e decrepiti palazzi, e pensa a quante persone siano ancora realmente vive là dentro.
La visiera segna pochi minuti. Deve superare l’angolo poi sarà a casa. Nel furgone, lontano da qui. Con le sue solite lamentele. Il suo fermo proposito di chiedere una maggiorazione o, quantomeno, un supporto all’azienda…
I suoi pensieri vengono interrotti.
Tek19 sente dei rumori, qualcosa che si risucchia l’aria come se avvizzisse. Non è il borbottio del suo scafandro. Quel suono liscio e pulito dell’aria buona messa in circolo. È un gorgoglio tetro, che stride.
Tek19 accarezza la pistola, la stringe, la stacca dal supporto, la solleva, la punta davanti a sé. Qualche passo, accorto. Alla sua destra, una stradina si chiude cieca, stretta tra due palazzi.
Addossato al muro c’è un uomo. Come accartocciato. L’uomo vede tek19, allunga una mano tremolante come cercandolo. In una supplica patetica.
Risucchia pesante l’aria.
È il primo essere umano che tek19 vede da un anno a questa parte. È disgustato.
Disattiva la realtà aumentata e, per un attimo, rimane solo a guardarlo. Pensa che l’unica differenza tra lui e l’altro, sia il lavoro.
Ha ancora dieci consegne da fare questa mattina.