Il contadino lasciò la zappa sul terreno, mentre dalla montagna rotolavano giù frutti di ogni genere e lui cercava riparo dietro a un fungo gigante per non essere travolto. Quando quello strano fenomeno finì, raccolse una mela da terra e la assaggiò titubante: era dolce e croccante al punto giusto.
Scuotendo il capo si incamminò lentamente verso casa, rimuginando su quanto fosse strana la vita e di come le cose cambiassero in fretta.
Forse tutto quello stravolgimento dipendeva dal fatto che da qualche tempo il sole non sorgeva più a nord est ma a sud, morendo a ovest dopo aver riscaldato il suolo fino a 50 gradi.
La notte le temperature scendevano sottozero e il buio era così fitto che nessuna luce artificiale riusciva a penetrarlo.
Erano scomparse anche le stelle e le nuvole, e il colore del cielo durante il giorno aveva assunto un tono viola scuro, attraversato da scie gialle quando, invece che acqua, pioveva latte.
Giunto nei pressi del paesello, al suo posto, il contadino trovò una strana città.
C'erano asini e cavalli in giro, vestiti di tutto punto e intenti a bere caffè da enormi bicchieri di cristallo disposti in circolo sul terreno.
La cosa impressionante era vedere molte persone di ogni età che gattonavano nude sui prati, intente a brucare l'erba. Anche se ormai non c'era più da stupirsi di nulla Antistene, filosofo, contadino e pastore delle Valli del pensiero cinico, non poté trattenere un moto di stizza.
Se la gente si adoperava a pascolare per i prati il suo branco di maiali selezionati avrebbe presto patito la fame.
Ma proprio mentre quel pensiero gli attraversava la mente vide il suo branco di porci tracannare birra in un bar della via principale.
Prima di dichiararsi definitivamente pazzo decise di recarsi da un suo amico sempre bene informato sui fatti, per chiedergli conto di tutto quel caos. Lo trovò accanto a una fucina che iniziava a funzionare a pieno regime proprio in quel momento.
"Abbiamo cambiato universo. C'è stato un salto dimensionale!" gli disse Euclide mentre rimirava stupefatto un coltello intarsiato, realizzato da un maiale artigiano che aveva appena aperto bottega.
"C'è stata una strana inversione dei poli magnetici e qualche altra cosa di cui non si conosce l'origine e tutto è cambiato." continuò Euclide
"Adesso, in questo nuovo mondo, siamo noi gli animali."
In quel momento giunse Diogene, il professore di matematica del liceo Trecento Anime.
"Buongiorno a voi! Avete visto che succede là fuori? Mi sono svegliato dentro a questo incubo che mi appare più reale della realtà stessa. I cani comandano su tutti gli altri animali, gatti e lupi a parte credo, e stanno costruendo gabbie ovunque. Hanno anche radunato i miei studenti e li stanno addestrando a fiutare le tracce delle scimmie urlatrici. Pare siano ghiotti di quei fastidiosi primati!"
"Speriamo non intendano cibarsi anche di noi umani, sarebbe una cosa atroce." chiosò Euclide, scosso da un tremore alle mani che si irradiò poi a tutto il corpo.
I tre si guardarono tra di loro con lo sguardo smarrito e poi, dopo un'occhiata d'intesa, presero la via che conduceva alle grotte della verità. Dovevano nascondersi da qualche parte prima di essere ingabbiati come animali da circo o forse, peggio ancora, macellati per essere cucinati e serviti in uno dei rustici ristoranti bestiali di nuova apertura. Mentre camminavano a passo sostenuto verso la periferia di quel nuovo e stupefacente agglomerato urbano, avevano le facce contrite per lo sgomento e l'angoscia.
Nei loro cuori si agitavano paure primordiali e dubbi esistenziali. Tutti e tre erano consci che quella assurda realtà andava metabolizzata attraverso una rielaborazione filosofica, ma prima c’era da salvare la pelle.
Al loro passaggio un cane poliziotto li osservò con attenzione, senza però bloccarne il cammino.
Quando giunsero a destinazione stava imbrunendo e Aristippo li attendeva appena oltre l'ingresso.
Prima di abbracciarli sputò loro in faccia come era d'uso tra filosofi, ricavandone altrettanto trattamento.
Maestro di retorica e morale deviata, a differenza dei suoi amici Aristippo era entusiasta del nuovo corso di vita che il salto temporale aveva riservato agli esseri umani.
“Questa è una nuova realtà e questo è un altro tempo. Dobbiamo trarre massimo piacere da questa situazione. Essere considerati animali in questo nuovo mondo non può essere poi così male."
Parlarono per tutta la notte i quattro filosofi. Discussero di semantica, cinismo, presunte verità o falsità delle cose. Convennero che tutto poteva essere discusso, analizzato, ma poi inesorabilmente accettato.
All'alba una pattuglia di cani li raggiunse alla grotta. Vennero messi in catena, condotti presso un tribunale speciale per spie e sobillatori, e giudicati colpevoli da una giuria di maiali e gatti in uniforme militare. Era un giorno qualunque di un anno qualunque in un'altra dimensione quando vennero giustiziati su una pubblica piazza. Iniziò a piovere latte più tardi e il sangue sul terreno fu presto lavato dal selciato.