Mi perdo in questo susseguirsi frenetico di stimoli, la luce di un faro lontano buca la nebbia fitta e mi ricorda che in quella direzione c’è la terra: casa mia. Navigo ormai da troppi inverni e troppe estati, peli ispidi hanno coperto la pelle del mio viso che, quando salpai, era ancora vergine dalla salsedine: liscia. Ricordo a fatica il profumo dell’erba e dei fiori, il pane il cui profumo stava sospeso nelle strade la mattina. Vitrei i miei occhi fissano il lampo intermittente all’orizzonte, poi li chiudo e sogno. Avvolte da colori acquarello vedo le tue dita indaffarate nelle movenze più semplici: ti passano tra i capelli, stringono un libro di cui la tua fantasia ti fa protagonista.
Arriverà il giorno in cui ammainerò le mie vele nel tuo porto e allora sarò pronto a lasciarmi trasportare da te alla stessa maniera in cui le voglie del mare mi trasportano oggi. Ancora non ho trovato ciò per cui sono partito, sospiro nell’attesa e lascio che la voce del vento mi rincuori nelle notti fredde in cui la mia ricerca continua: è giusto cercare il senso della vita?