C’erano una volta due racconti: Finale chiuso e Finale aperto.
Il primo era molto schivo, salutava a malapena, biascicava tra le righe.
L’altro era spigliato, estroverso, cordiale, di ampie vedute.
L’autore, tuttavia, sapendoli nelle sue corde, si affidava all’estro di entrambi, anche se ultimamente tentava soluzioni alternative.
Il racconto chiuso, nonostante o forse proprio per il carattere, spingeva - seppur timidamente - sempre per qualcosa di più sereno, convenzionale, addomesticabile, a non turbare troppo il lettore.
Un giorno Finale chiuso, innervosito per lo scarso ascolto, prese di nascosto l’auto dell’autore, fuggì via verso la città, ma per l’eccessiva velocità fracassò la vetrina di una libreria, venendo catapultato proprio nel reparto romanzi e racconti.
Ci volle una settimana solo per identificarlo.
Finale aperto, che conosceva bene l’autore, si era accorto del suo nervosismo e del proposito di chiudere il file, ma non era per nulla della stessa idea: insisteva nel suggerire chiose diverse, addirittura multiple, lampeggiando pixels sempre più smaniosi.
Non avrebbe accettato di rimanere appena delineato in una cartella word,
e saputo della disgrazia occorsa all’altro racconto, fuggì via.