L’areo atterrò. Non senza molti scossoni.
Ormai avevo ripetuto quel viaggio innumerevoli volte, eppure la stanchezza mi colpiva sempre allo stesso modo.
Preso il bagaglio mi diressi velocemente all’uscita. Volevo andarmene il più in fretta possibile.
Gli aeroporti mi davano sempre una qualche sensazione di disagio. Ma quando mi ci trovavo in piena notte, esattamente come in quel momento, il disagio si trasformava in qualcosa di più.
Vidi un taxi passare. Provai a chiamarlo. Mi ignorò e andò avanti.
Aspettai in attesa che ne passasse un altro. Il tempo passava e cominciavo a perdere la pazienza.
Mi chiesi se non fosse il caso di chiamarne uno direttamente invece di attendere che questo arrivasse da solo.
Feci per prendere il telefono quando uno di quei veicoli mi si fermò davanti.
“ha bisogno di un trasporto signora?” chiese il guidatore una volta abbassato il finestrino.
Alla mia riposta positiva quello scese dalla macchina e caricò la mia valigia nel portabagagli mentre mi accomodavo sui sedili posteriori.
Date le indicazioni adeguate partimmo verso la mia casa.
Il taxista cercava di fare conversazione. Gli dissi che il viaggio era stato incredibilmente lungo e che avevo bisogno di riposare. Si zittì.
Entrammo in autostrada. Aumentò la velocità.
Provai a chiudere gli occhi ma non riuscii ad addormentarmi. La stanchezza la sentivo davvero eppure qualcosa mi faceva restare sveglia.
Dopo qualche altro tentativo di appisolarmi mi arresi a guardare fuori dal finestrino.
La notte era davvero bella. Poche volte mi ero fermata ad osservare il panorama durante il tragitto. Ero sempre troppo impegnata ad utilizzare a pieno ogni momento. Quasi mi pentii delle mie scelte. Quasi.
Le stelle brillavano alte. Quanto desiderai averle sapute riconoscere. Non avevo mai imparato. Non mi era mai importato prima.
Il paesaggio era semplicemente bellissimo. Anche con la poca luce offerta dalla luna si riusciva a vedere incredibilmente bene ogni singolo rilievo. Le colline. Gli infiniti campi di grano.
Eravamo decisamente lontani dalle grandi città dove ogni cosa sembra colorata in una scala di grigi. Dove la notte c’è più luce del giorno. Dove non si vedono le stelle e le campagne.
“che splendido paesaggio non trova?” attaccò il guidatore. “da queste parti ci sono più campi che persone, decisamente diverso dai posti dove sembra abituata a stare” continuò “in quelle città deve essere tutto così movimentato. Io conosco solo il traffico delle strade quindi mi è difficile parlarne molto, ma so comunque apprezzare paesaggi come questi. Così poche macchine. Così poche persone. Non trova belli i paesaggi isolati? Dove pare di essere gli unici al mondo. Dove nessuno può vederti.” Aveva leggermente accelerato.
Ogni volta che finiva una frase vedevo i suoi occhi guardare nello specchietto interno. Il sorriso stampato in faccia. Chissà se era vero. Chissà se lo faceva a tutti i clienti. Quale altro motivo avrebbe potuto avere per sorridere così tanto?
“quando la ho trovata là tutta sola all’aeroporto mi sono preoccupato sa? Ultimamente è pericoloso girare da soli di notte, non si sa mai cosa potrebbe succedere. Non ha sentito di tutti quei casi di scomparse?” mi guardò ancora. Un brivido mi passò lungo la schiena. “potrebbe rallentare un pochino? Sta andando molto veloce” provai a dire, ma l’uomo continuò a parlare non badando a me “meno male che passavo di lì. Nessuno sa cosa avrebbe potuto accaderle di questi tempi. Già già. Tempi pericolosi”.
Vidi avvicinarsi la mia uscita. Che sollievo. Stavo cominciando a sentirmi a disagio con quello strano taxista. Non vedevo l’ora di chiudermi la porta di casa alle spalle e concludere quella lunghissima giornata.
Non girò. Continuò a dritto.
“dove sta andando?! Casa mia non è da quella parte! Doveva svoltare a destra!”
Lui mi guardò un poco più a lungo questa volta. Il sorriso sembrava allargarsi sempre di più. non si voleva fermare.
“ma mia cara” cominciò “io ti sto portando a casa”