Quella sera pioveva. L’insegna al neon Sloppy Bar era rotta, da fuori nulla suggeriva che il locale di Billy fosse aperto. All’interno, la luce fin troppo soffusa nascondeva lo strato di polvere sulle bottiglie dei liquori, le scrostature sui muri e il reale aspetto delle persone. Anche il vecchio Pete, seduto al suo tavolo abituale, pareva meno raggrinzito.
Billy era in piedi dietro al bancone, si appoggiò sui gomiti per scrutare nella ciotola dei salatini, pizzicò fuori quelli mangiucchiati e disse a Pete che erano morbiducci. Pete lanciò i dadi sul tavolo, scrisse il risultato sul taccuino, poi sollevò gli occhiali sopra la testa. “Sarà l’aria umida,” disse.
Billy mordicchiò un salatino a forma di bastoncino. “Già.”
Chiacchieravano così, nell’attesa che si facesse l’ora di andare a dormire, quando la porta si aprì. Pete alzò lo sguardo dal taccuino, Billy appoggiò la ciotola. Entrò un uomo enorme, bagnato fradicio, si scrollò l’acqua di dosso. “C’è Kowalski?” chiese. Aveva la voce grossa ma tutt'altro che ruvida.
“Chi lo vuole sapere?” disse Billy.
“Sono McCoy, l’allenatore di rugby di Kowalski.”
“Non sapevo che Kowalski giocasse a rugby.”
“Ha fatto solo una partita.”
“Perché lo cerchi qui?”
“Mi ha detto che viene qua a bere prima di andare al lavoro."
”Non lo vedo da un po’,” disse Billy, poi si rivolse a Pete, ”Il signor McCoy cerca Kowalski."
Pete alzò le spalle. “Anch’io lo cerco, mi deve due dollari,” scosse la testa e ridacchiò a gengive nude.
Billy indicò a McCoy lo sgabello vicino alla porta del bagno. ”Il suo posto è quello, ma come vedi…"
McCoy appese l’impermeabile, si tolse il berretto di lana e si sedette al banco. Aveva il collo grosso e corto, le orecchie lucide e gonfie come due hamburger. “Un boccale di bionda,” disse.
Billy spillò la birra. ”Che hai fatto alle orecchie? Non è contagioso vero?”
McCoy rise. “È la mischia, questa,” disse, “se giochi pilone, spingi la zucca contro quello davanti, pensi solo ad avanzare e a ruttare tutto l’aglio che hai mangiato in faccia al tuo avversario. Te le dimentichi le orecchie. Le sfreghi, le schiacci, perciò si spaccano capillari e cartilagine. Diventano due palle di cavolfiore, non tornano più come prima. Ma non fa male.”
“Orecchie a cavolfiore,” disse Billy.
Pete sollevò la testa. ”Quelli della mischia passano il tempo ad annusarsi il culo l’un l’altro,” disse.
McCoy non si scompose, Billy alzò gli occhi al soffitto.
“Sul giornale scrivono che domani ci sarà un diluvio,” disse Pete, ”scommetto due dollari che a mezzogiorno non pioverà più." L’artrite del vecchio Pete ci azzeccava più dei meteorologi. Pete scommetteva su tutto: ogni giorno puntava due dollari sulla sua morte. Aveva una teoria basata su un calcolo statistico, diceva: “La morte ti prende all’improvviso. È impossibile indovinare quando accadrà. E così, intanto, mi faccio un giorno in più.”
McCoy bevve la birra in due sorsate. A lui, Kowalski gli doveva cinquecento dollari. “È venuto da me un mese fa, mi raccontò che lavorava di notte: gli scaraventavano giù dai camion dei quarti di bue; si era fatto un bel po’ di muscoli, era carico di adrenalina e doveva sfogarsi. Gli era venuto in mente il rugby per provare il gusto di abbrancare uomini, e non bestie. Io pensai che si facesse di anfetamine ma lo presi lo stesso. Era scoordinato, sempre fuori posizione, però mi serviva un trequarti con due gambette da furetto. Ogni volta che veniva ad allenarsi mi chiedeva un cinquantone; aveva la soffiata buona, diceva. Mi avrebbe restituito tutto con gli interessi."
“Kowalski ha sempre la soffiata buona,” disse Billy, “bisogna solo avere un po’ di pazienza."
McCoy continuò. “Il giorno della partita Kowalski si presenta imbevuto d’alcol come uno stoppino, era in campo ma in un mondo tutto suo. Nessuno se lo filava, né i suoi compagni, né gli avversari. Finché il nostro dieci calcia una palla che frulla alta in cielo. Io gli urlo ‘Corri Kowalski!’. Lui sputa via il paradenti e galoppa. Se li fuma tutti, gli altri. Salta e afferra la palla al volo. Non fa in tempo ad appoggiare i piedi in terra, gli arriva di traverso una locomotiva umana di centoventi chili che lo abbatte e gli pianta la faccia nel fango. Mentre lo portavano via in barella urlava che quello non era stato l’ultimo ballo del lombrico.”
“Ultimo ballo del lombrico,” disse Billy.
“Sì,” disse McCoy, ”quelli in prima linea, quando sono legati per la mischia, un attimo prima che l’arbitro dica ‘Via!’, pronti a sgommare e ad accartocciarsi in una massa unica; hanno la faccia così vicino a terra che potrebbero brucare l’erba, e a volte un lombrico striscia sotto i loro nasi; per il tempo d’un lampo lo vedono lì, sanno che quello sarà il suo ultimo ballo, ancora qualche istante e lo calpesteranno. Un lombrico che diventa cibo per vermi, capisci?”. McCoy era divertito dalla sua battuta, Billy sorrise come se l’avesse capita in ritardo.
“E Kowalski che urlava non è l’ultimo ballo, non è l’ultimo ballo… “ ribadì McCoy.
“Vermi e storie piene di idiozie: i rugbisti sono come i pescatori,” disse Pete.
“Che c’è, hai finito con i dadi?” disse McCoy.
“Scommetto due dollari che il novanta per cento della squadra sono finocchi,” disse Pete.
McCoy si alzò, andò verso Pete che lo fissava con gli occhi sgranati, Billy stava per intervenire ma McCoy tirò fuori due dollari e li mise sul tavolo.
“Hai vinto Pete,” disse McCoy. Fece una risata, indossò l'impermeabile e salutò. ”Dite a Kowalski che l’ho cercato.”
Billy prese il boccale di birra e la ciotola dal bancone.
“Pilone coglione,” borbottò Pete.
“Però,“ disse Billy, “ha mangiato tutti i salatini.”
“Un problema in meno,” disse Pete
“Già.”
“L’unico Kowalski che conosco è il postino del mio quartiere, ma non viene qui a bere: ha i figli piccoli,” disse Pete.
“Io non ne conosco,” disse Billy.
Pete tirò i dadi, rotolarono sul tavolo. ”Doppio tre,” esclamò, “straordinario, è la trentatreesima volta che esce doppio tre. Per oggi basta. Alla fine, tutto sommato, è stata una buona serata.”
“Già,” disse Billy.