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Narrativa

L'urgenza.

Pubblicato il 05/06/2022

Di cercare Rita la rossa.

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Ero in piedi quando lei, impetuosa e piena di garbo, mi ha urtato inavvertitamente. Scusandosi mi ha riportato con violenza inconsapevole a Costa Merlata, in quella notte caldissima di metà agosto in cui diedi il mio primo bacio. Era la notte in cui baciai Rita, la rossa.

Non credo che quella cameriera nemmeno assomigliasse all’idea che oggi ho di Rita, tranne forse che per i lunghi capelli rossi, lisci e appoggiati leggeri sulla divisa nera, ma proprio lei ha scatenato quell’urgenza che oggi percorre i miei nervi come un treno in corsa mentre festeggiavo i miei primi 50 anni con Sara, Marco e Lisa, la moglie che cattura ancora oggi sguardi affascinati e i nostri figli meravigliosi.

Non pensavo di ricordare così bene ogni piccolo particolare di quella notte: l’odore dolce dei pini che respiravano esausti dopo le giornate piene del sole di quegli anni, il nome di ognuno degli amici che passavano ore ad inventare le cose più turpi accadute nelle proprie città per recitare la parte dei duri, la piccola panchina insufficiente per tutti, adagiata in fondo ad un viale senza uscita e sotto il lampione malandato che regalava quella luce calda e accogliente che nessun angolo di mondo mi ha saputo più offrire.

Una notte come tutte le notti estive a quell’età, piena di promesse, senza un inizio preciso e con la voglia di durare tutta la vita.

E poi è apparsa lei, l’unica ragazza sotto quel lampione, arrivata quasi dal nulla mano nella mano con il cugino piccolo nel silenzio improvviso calato tra noi “maschi”, leggera, a testa alta e con un’espressione in volto che poteva ricordare una Gioconda incuriosita.

Non ero affatto esperto di ragazze, ma lei mi era sembrata bellissima e inarrivabile, con i suoi jeans chiari, i sandali bassi di tela, la canottiera bianca e ampia, ma soprattutto con quei colori, il verde profondo degli occhi e il rosso fiammeggiante dei capelli che mi scaldavano dentro come mai mi era capitato prima.

Si unì a noi e tutti i discorsi eccitati che avevamo fatto fino a quel momento ci sembrarono troppo stupidi per continuare a dire anche solo una parola, si presentò e ci chiese cosa stessimo facendo, il giorno dopo sarebbe partita e voleva distrarsi un po', non le andava affatto di tornare a Perugia e alle cose di tutti i giorni ... io avevo ascoltato le sue parole come in trance, mi ero perso in quella sua cadenza lenta e gentile, nelle sue labbra che si erano mosse poco ma che mi erano sembrate il centro del mondo.

Noi fummo poco loquaci e in qualche minuto uno ad uno tutti i miei amici, intimiditi da quella presenza così più importante di noi, andarono via come attratti da incombenze imprescindibili e lontanissime dalla nostra panchina.

Erano le 23:30, lei aveva chiesto l’ora a Daniele, il ragazzo magro e scuro con capelli ricci del Salento, l’unico con l’orologio che le aveva risposto con una voce non sua mentre andava via senza nemmeno guardarla. Erano le 23:30 e lei continuava a guardare solo me, con gli occhi mi stava chiedendo, dolce e imperativa, di restare lì.

Era l’ordine più bello che avessi mai ricevuto.

Io non avevo ancora parlato, mi prese semplicemente per mano e tenendo il cugino dal lato opposto mi chiese di accompagnarla a casa. Nei 300 metri che percorremmo in silenzio credo di essere cresciuto di qualche anno, mentre andava la colonna sonora delle cicale con l’eco dei nostri passi ebbi anche il coraggio di accarezzarle la mano allentando e stringendo dolcemente la presa, mi sentivo ebbro, ero la persona più importante del mondo.

La villetta era in una stradina buia, sotto un cielo pieno di stelle mi ero appoggiato a un’Alfa Romeo mentre lei portava il cugino a casa. Ritornò dopo qualche istante e mi venne subito incontro, bella e pericolosa, la Gioconda era diventata una Venere fiammeggiante. Mi chiese come mi chiamassi avvicinandosi lenta, io riuscii solo a sussurrare l’inizio di qualcosa che assomigliava al mio nome ma senza finire perché lei aveva appoggiato le labbra sulle mie, così conobbi un nuovo mondo.

Dopo il primo ce ne scambiammo cento, forse mille, fino al suo “ciao”, un dolcissimo “ciao” sussurrato con la voce e sottolineato dagli occhi verdi illuminati dalla luce notturna. Rientrò veloce a casa e “ciao” fu la seconda quasi-parola che riuscii a dire in tutta la notte.

Sono passati solo pochi giorni dal sabato scorso e ho deciso di venire qui a Perugia, passerò tre giorni e tre notti da solo.

So benissimo che è totalmente irrazionale pensare di fermare tutte le donne con i capelli rossi e più o meno della mia età, di cercare una signora Rita in ogni negozio, in ogni angolo di strada giorno e notte. Ma lo farò proprio per questo.

Sono anche consapevole che incontrarla non è così tanto più importante che cercarla, sento semplicemente l’urgenza di esserle nuovamente debitore perché lei mi avrà regalato, comunque, altre notti piene di vita, notti ad occhi aperti, notti di sensi accesi e pensieri di felicità, quelle notti che porterò per sempre dentro me.

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Anonimo ha votato il racconto

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Tana Arnoldsen ha votato il racconto

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Very evocative and poignant narrative of youth .Segnala il commento

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dylandog ha votato il racconto

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Laura Camposeo ha votato il racconto

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Silea ha votato il racconto

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blu ha votato il racconto

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bello! piaciuto molto Segnala il commento

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Paola Zaldera ha votato il racconto

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Molto bello.Segnala il commento

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di Nyogen

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