Io non so quanti di voi conoscano la Controra.
Non è solo una parola, è un modo di interpretare la vita.
Ma non è un modo che si può spiegare e imparare non vuol dire poi saperlo fare.
Lo si deve fare proprio fin da piccoli, arrivare a capire che ad un certo punto arriva quel momento in cui l'orologio prende il giro inverso e tu devi assecondarlo, l'ora che ferma il tempo e lo mette all'angolo, un tempo in cui il corpo e il pensiero lasciano spazio al niente.
Voi lo sapete come si fa il niente?
Venite in un pomeriggio assolato di dopo pranzo in Sicilia quando il sole brucia perpendicolare sulla terra, cuocendo teste e divorando ombre e chiedeteci intorno alle tre del pomeriggio: "Cosa facciamo adesso?"
E sentitevi rispondere: "Nzoccu facìemu? Nenti!"
È scoccata la Controra.
L'ora in cui le menti si cristallizzano come formiche nell'ambra della coscienza.
Paralisi e smarrimento in chi non è riuscito a rifugiarsi in tempo nell'abbraccio fresco delle pareti domestiche, osservando da lontano le case bruciare nella calura, sfrigolare come miraggi.
Durante la Controra si sta zitti o si parla a bassissima voce, i negozi e i bar sono chiusi, non passano macchine, di solito lo squillo del telefono è accompagnato da "Jè ùora cu jè mortu?"
La Controra è quello che contraddistingue il Sud dal Nord, il vero confine che separa l'essenza del concetto di vita. E anche di morte. Una lunga e assolata morte nel bagno di casa a leggere un giornalino, sotto l'ombra di un albero a dormicchiare mentre i grandi guardano Ciccio e Franco alla TV, altri intorno a un tavolo a discutere di futilità, ma sempre con toni contenuti.
La Controra è sacra e te la porti nell'animo quando sei cresciuto.
A non far niente serve coraggio a sto mondo.