Sono circa tre mesi che ho ripreso a correre, ma è solo nell'ultimo mese che ci vado praticamente quasi tutti i giorni. Pantaloncini fino al ginocchio, maglietta e scarpe vissute solo per correre. Poi giù per i cinque piani di scale e a passo svelto fino all'Agrario. Prima di metter piede nella stradina interna dell'istituto Garibaldi non inizio mai la mia corsa. Vado con passo leggero in direzione del mio vecchio liceo, accanto a me scorrono le immagini dei cavalli all'interno dei loro recinti, gli ulivi, qualche ettaro di terreno a riposo.
I miei passi cambiano un po' di ritmo in base alla pendenza del terreno, alle buche e ai sassi da evitare, ma più di ogni altra cosa sono influenzati dai miei pensieri. Io, quando vado a correre, non mi metto le cuffiette nelle orecchie per spararmi a tutto volume la playlist che mi possa gasare.
Io, quando vado a correre, porto i miei pensieri a correre con me.
Così già mentre cammino verso l'Agrario penso alle tue parole, a quel maledetto aggettivo generico e quindi interpretabile in infiniti modi, che mi hai appioppato nella telefonata dell'altra sera:
“Ti sento strano”.
Ripenso alla mia risposta sotto forma di domanda: “Che intendi? Che vuoi dire?” e tu ancora, “No va bè, lascia stare non voglio farmi trip mentali”.
Mi dico, attraversando la strada, forse avrei dovuto dirle “Mi senti strano perché sono emozionato... sono contento d'averti rivisto e di risentirti dopo tanto tempo”
Rallento un po' la mia camminata, parole così dirette e sincere non sarei mai riuscito a pronunciarle, neanche se me le fossi preparate.
Comincio ad addentrarmi nell'Agrario, tra le graminacee cresciute in libertà e gli alberi bassi, qualcuno è un melograno, da un lato e lo spazio della scuola d'equitazione dall'altro. A quest'ora non c'è più nessuno, ma ogni tanto mi sono fermato a guardare un po' le lezioni, affascinato dall'eleganza e dal portamento dei cavalli dei cavalieri e delle amazzoni.
Aumento la respirazione a pochi passi dal mio punto di partenza, che è lì dove incrocio la stradina interna semi-asfaltata. Mentre faccio il pieno d'ossigeno impongo una tregua ai miei pensieri. Parto con i passi svelti e saltellanti della corsa, alzo la testa per guardare lontano: c'è sempre la compagnia sconosciuta di qualche altro corridore del quale riconosco il completo, l'andatura, la fisionomia e il respiro, ma col quale ci sfiliamo, incrociandoci senza mai fermarci per fare conoscenza.
Il diktat a me stesso dura sì e no qualche centinaio di metri, poi ritorni nella mia testa, martellante come il ritmo delle pulsazioni: mi ripassa davanti lettera per lettera la frase del tuo post:
“Confesso: non credo nell'amicizia tra uomo e donna”
Quanto mi può far incazzare questa generalizzazione. Così corro più forte, o forse sbatto solo con più forza i piedi a terra. Tra un passo e l'altro, più che la coordinazione migliore, cerco di ipotizzare la tesi più arguta per controbattere.
Arrivo in una zona d'ombra, ho sudato già un po', vorrei quasi rallentare, ma non si può. Però ritrovo un po' di serenità. Ma in fondo lei può credere quel che vuole, non voglio mica farle cambiare idea, però è una vera delusione pensare che una come lei possa avere una convinzione del genere. Lo trovo assurdo.
Sto a più di metà del mio solito giro, costeggio l'ingresso della scuola e gli alloggi degli studenti, poco dopo la strada è in leggera discesa e posso rifiatare un po'.
Le piccole scaramucce e le polemiche le lascio alle spalle, ora che sono vicino al mio traguardo penso al futuro immediato: a domenica e martedì quando ci rivedremo. Sono proiettato verso l'evento che hai contribuito ad organizzare nel tuo nuovo paesino, pur sapendo che non passeremo che qualche ritaglio di tempo insieme.
La mia corsa è finita, ma non di colpo, sfuma dolcemente in una camminata che permette al mio respiro di riassestarsi su ritmi regolari. Dopo qualche altro centinaio di metri mi fermo per fare stretching. Allungo i muscoli gradualmente, con lentezza e tengo le posizioni per il tempo necessario. Qualche goccia salata di sudore scivola dalla fronte e dalle sopracciglia a terra, così faccio della mia maglietta un asciugamano. Il sale ed il mio corpo bagnato mi fanno volare al mare, al Castello di Santa Severa dove martedì Erri De Luca reciterà i suoi scritti sul mare. Lì ci dovremmo andare insieme, ma non mi fido. Ci spero, ma con un pizzico di sana disillusione.