LA STRANA VICENDA NEL PARCO DELL’HOTEL “Mutte Josefine” DI VIENNA
A Vienna nel grande parco dell’Hotel Muttejosefine era comparso il tendone di un circo. Artisti e animali esotici vagavano tra i sentieri provocando sorprendenti incontri agli ospiti divertiti.
Ma la sera dello spettacolo la febbre virale aveva falcidiato la truppa degli artisti.
Praticamente erano in grado di lavorare solo Mandolina, la contorsionista, e Fugacampo Orsa, cantante. Anche Chunit l'indiano, e il suo dromedario, Krosta.
Ma anche Krosta dava segni preoccupanti. Dopo pochi passi tendeva a sedersi, ovunque capitasse, anche in una pozzanghera. Si accasciava improvvisamente con un rantolo di immensa stanchezza. Chunit si sedeva a terra e gli parlava nell'orecchio, minacciandolo finché riusciva a farlo alzare.
La notte dello spettacolo Mandolina uscì per prima con la divisa del Maresciallo Horwitz, che sudava nel suo letto in preda alla febbre alta.
Poiché lo scopo era confondere le idee allo sparuto pubblico, più che illustrare un programma che in pratica non c'era, Mandolina incominciò declamando in latino:
...Quis fuit horrendòs
Primùs qui protulit enses
Quam ferùs et verè
Fèrreus ille fuit!
...Tum caedes hominum generì
Tum proelia nata
vertimus in scaevàs
quod dedit ille feràs!
Il pubblico applaudì anche se nessuno aveva capito nulla.
Allora dall'alto si calò un trapezio che prese a dondolare nel vuoto sopra le teste, e vuoto rimase, con i nastri colorati che sventolavano all'aria. Ma il pubblico cominciò a esclamare:
...Ohhhh!
...Ohhhh! …Ohhhh!
A quali invisibili evoluzioni e di chi, non era dato sapere.
Il numero finì con un urlo simultaneo delle venticinque o trenta bocche spalancate dapprima verso l'alto e poi rivolte verso il basso come seguendo la traiettoria di una caduta.
Uno scroscio di applausi accolse il tonfo, sì, perché si sentì un tonfo, di qualcosa che era precipitato tra le braccia tese di Orsa Fugacampo, improvvisamente comparsa sulla pista.
Orsa se ne liberò lanciandolo in avanti.
E ci furono salti, piroette e inchini prima dell'uscita con un secondo scroscio di applausi. Tutto finto, meno gli applausi.
A quel punto una musica con assordanti grattate di statico si diffuse sotto il tendone e Orsa incominciò a cantare.
Cantò Ghost of Yesterday Looking Through My Window... quella cosa tristissima con cui cominciava sempre le sue performance perché le faceva ricordare la sua Chicago.
Ma poi si lanciò in un mambo, e gli spettatori uno ad uno le si accodarono in un trenino dondolante in mezzo alla pista, in un crescendo di disperata allegria che faceva sgorgare le lacrime.
Poi Orsa si dileguò repentinamente dietro la tenda.
E fu così che Mandolina si trovò in mezzo alla pista con venticinque o trenta persone che piangevano sonoramente singhiozzando all'unisono.
Bell'affare.
Chunit e Krosta, per fortuna, si affacciarono e incominciarono una marcia, prima con un certo fare baldanzoso e poi rallentando ... rallentando ... rallentando ... finché Krosta stramazzò al suolo, morto.
Silenzio. Neanche più i pianti. Silenzio.
Fu a quel punto che Mandolina prese una decisione. Incominciò a distribuire soldi a tutti. A restituire il prezzo del biglietto.
E infine disse: "Via! A casa! Go home!!! Viaaaaaa!!!" Lasciando tutti di stucco.
Così, in fila indiana, a testa china, tutti gli spettatori lasciarono il circo.
Non si sentì una parola, neppure quando emersero dal tendone per arrendersi all'assedio della notte. Che se li mangiò, voracemente.