Temporale in montagna. Forza della natura. La benzinara 22enne è grossa e forte come una grande scimmia in pantaloni da lavoro grigi larghi unti di grasso di catena di moto e giunti cardanici di furgone. Sopra ha una specie di top che sembra un reggiseno di maglia nera di cotone aperto davanti fra lacci incrociati slacciati che di lato mostrano la curva consistente di tette giovani e pesanti. La faccia ce l'ha scura la benzinara, i capelli neri gonfi un po' ricci da greca pizzaiola donna delle pulizie che mastica gomma mostrando denti e lingua avvoltolarsi avidi intorno a 'sta povera Brooklin sostitutiva di cazzo. La madre se ne sta dietro la cassa, gli occhi neri attenti a contare i soldi, il ditributore è il più attrezzato della valle. E' una donna che non sai dire se vent'anni fa era scopabile: comunque certo i camionisti se la scopavano, sia gli slavi diretti a sud col bestiame, sia i meridionali diretti a nord con le arancie. L'altra figlia, la 26enne, è dunque bionda come solo le slave bionde sono slavate e bionde. Ha un microabito bianco di jeans lavato troppe volte e scarpe basse in fondo a gambe grosse ma non informi. Ci sarebbero dei bottoni, a chiuderlo davanti il microabito, ma lei li usa quello che basta a far tirare l'uccello ai clienti, senza però regalare visioni complete, così tornano nella speranza di vedere di più, perché tanto sono tutti maiali che vogliono sbirciare, anche se poi la maggior parte non allunga le mani e si fa solo le seghe, un paio li hanno beccati ancora nel piazzale del distributore, col coso in mano vicino il tunnel del lavaggio rapido. Quelli dei balcani no, camionisti e zingari di solito, malavitosi della finanza qualche volta, ma tutti veri uomini: vedono le due ragazze e gli viene voglia di chiavare e chiedono alla madre quanti euro servono. La sorella bionda si piega in avanti mostrando il culo nudo e tondo che le mutandine certo non ce la fanno a tenere sotto il microabito finendo con la testa nel baule aperto che sta pulendo per bene, neanche una briciola ci troverà alla fine il padrone, solo una macchia d'umore di figa sulla gomma morbida del portatarga, ci sfrega contro volentieri mentre passa l'aspirapolvere, tutto fino in fondo dove finisce il sedile posteriore abbattibile in due parti, 2/3 e 1/3. Una volta col Franz, quello della borgata Dalcén, che sarà scemo finché si vuole ma il suo coso lo usa meglio che quegli sfigati che vengono dalla città nella bassa, col Franz insomma una volta hanno chiavato dentro un baule che puliva piegata com'era in avanti col culo fuori e le mutandine non le aveva perché pisciando dopo pranzo si era sporcata, era scivolata chennesò, fatto stà che non le aveva più e non se lo ricordava e aveva così fuori tutto il culo, nudo e crudo e pronto per lo scemo della valle che quella cosa la sa fare anche se poi la fa più spesso con le vacche giovani nella stalla della famiglia, e ogni volta gli danno col badile ma lui continua lo stesso, gli piace e lo dice, per lui è una cosa bella da dire mentre chiava la sorella slava sei come la vacca su in stalla e lei ride e gode e se lo fa infilare di qua e di là, sbattuta dentro il baule moquettato grigio chiaro della grande Lancia della farmacista che precisina com'è ha subito scoperto la macchia lasciata, una larga chiazza di succo di Franz e si è incazzata da non dire, la farmacista. E' da quella volta che la sorella bionda slava non mette più le mutandine, non si sa mai che passi un'altra volta un uomo, dice alla madre alla cassa.


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