Il tramonto era la parte della giornata che Sylvie preferiva: il cielo che inghiottiva a piccoli morsi il sole, i colori caldi e le sfumature frastagliate dell'orizzonte lontano suscitavano in lei emozioni contrastanti. Nostalgia, forse. Ma non solo. Quiete, malinconia, pace.
La donna prese la sua valigia leggera e la aprì, facendo attenzione a non forzare la zip come l'ultima volta.
Si era portata con sé solamente l'essenziale per pochi giorni: biancheria intima, detergenti, magliette di ricambio.
Al resto avrebbe pensato più tardi.
Aveva programmato tutto in qualche frazione di secondo e imprecò a bassa voce per non aver portato nemmeno un costume da bagno.
Dopo aver riposto con cura le sue poche cose nel cassettone in legno antico voluto all'epoca da suo padre, si sedette sul letto per osservare meglio il panorama davanti a lei: il mare era sempre un'ottima cura per le ferite e non avrebbe potuto scegliere posto migliore dove andare.
Immersa nei suoi pensieri, il campanile della cittadina la fece trasalire, riscuotendola dallo stato di apatia in cui era precipitata: le lancette segnavano le venti e trenta.
Un sorriso orgoglioso le illuminò il volto.
Era trascorsa quasi un'ora dalla sua fuga.
Sylvie non potette fare a meno di pensare a Gerard.
Avrà gridato? Sicuramente sì.
Avrà distrutto tutto quello alla sua portata di mano? Anche, sì.
La ragazza rabbrividì al pensiero.
Aveva bisogno di distrarsi se non voleva essere sopraffatta dalle emozioni.
Si alzò di scatto e rimase senza fiato.
La sua immagine, il suo volto provato dalla stanchezza e dalla rabbia era riflesso sullo specchio tondo della camera da letto.
Si passò con delicatezza l'indice intorno al taglio di alcuni centimetri che aveva sulla guancia.
L'ultimo dei tanti che Gerard le aveva procurato in tutti quegli anni.
La ferita bruciava ancora ardentemente ma, in quell'istante, con le lacrime agli occhi capì una cosa: era finalmente libera.