Marta osservava, dalle scale del condominio, quella mano appoggiata contro il vetro opaco del portone, che compariva puntuale, ogni giorno di pioggia.
Solo i polpastrelli avevano un identità, il resto del corpo appariva sfocato e si distinguevano solo dei capelli rosso mattone, a caschetto forse, non avrebbe saputo dirlo.
Poteva essere chiunque.
Su questo fantasticava Marta quando un giorno trovò quella mano di vetro sul portone, come se le intimasse di non uscire di casa.
Lei obbedì in silenzio, e si mise comoda sulle scale a pensare alle pazzie di chi, in mezzo ai temporali, ama toccare i vetri freddi di un condominio, per poi andarsene, quando qualcosa dentro di lui, o di lei, cambiava.
Adesso lo aveva visto molte volte e impaziente, appena cadeva la pioggia, scendeva dal terzo piano dove abitava da sola e si sedeva sulle scale, fino a quando la mano compariva.
Per qualche coincidenza del caso nessuno entrava dalla porta, o usciva, quando la mano era appoggiata sul vetro.
La figura fermava un condominio intero con quel gesto, come se lo chiudesse a chiave dal resto del mondo.
Era ormai la sesta volta che lo vedeva, o meglio lo intuiva, da dietro il vetro, e senti’ che doveva parlare con lui, non poteva più stare in silenzio sul freddo di quei gradini.
Era furiosa, perché a un certo punto le fu chiaro che quella figura era un uomo, che le apparteneva; qualcuno che forse poteva volergli bene, e accarezzarla con quelle mani di pioggia.
In quella rabbia muta prese allora un ombrello, messo insieme agli altri poco dopo la porta, e con il manico ruppe il vetro, non sopportava che quella barriera gli negasse di conoscerlo.
Prima che lui si muovesse di scatto per ripararsi, Marta vide la mano nella stessa posizione per un secondo mentre un filo di sangue si mischiava alla pioggia che ancora cadeva.
-Ma sei impazzita !?
-Scusami… sono scivolata…
Non era molto credibile con l’ombrello impugnato in quel modo, ma non voleva adesso, dopo aver fatto tanto per vederlo, che la credesse pazza e capace di amare in quel modo.
Lei cadde in terra per la tensione, e le ginocchia continuarono a frantumare i vetri per terra.
Allora lui la soccorse, vedendo nei suoi occhi il riflesso triste della pioggia che aspettava solamente il sole.
Tanti anni dopo, nessuno dei due aveva chiesto all’altro spiegazioni.
Stavano nudi sul letto, addormentati dopo aver fatto l’amore, a passare un pomeriggio come tanti, fino a quando da fuori sentirono un tuono che turbò l’aria.
Vedendo che lei ancora dormiva, si alzò piano senza svegliarla, e si vesti’ per uscire fuori.
Nel rumore di lui che si vestiva, Marta apri’ leggermente gli occhi, e vedendolo uscire disse:
- Dove vai ?
- Faccio un giro amore, torno più tardi.
Sentendo la porta chiudersi capi’ subito a cosa si riferiva, e cominciò velocemente a vestirsi per seguirlo.
Nessuno dei due aveva l’ombrello, e lei nascosta lo seguiva da lontano.
Marco si fermò davanti a un portone di vetro e ci appoggiò la mano, restando li, per un po’.
Guardava la sua mano calda contro il vetro, e ricordava i suoi vecchi giorni di pioggia, in cui amava quel freddo sui palmi.
Una mano bagnata spuntò dalla sua spalla, e si appoggiò sulla sua, Marta lo stringeva forte da dietro.
Il calore della sua mano era davvero un’altra cosa.