Era la prima volta che Dani riempiva lo zaino per andarsene: aveva solo dodici anni ma non aveva potuto fare a meno di pensare che a casa non ci sarebbe tornato più.
Ci infilò qualche maglietta, la sua felpa preferita, due pacchetti di cracker e una tavoletta di cioccolato mezza mangiata.
Ci fu un po’ di trambusto sul pianerottolo, passi e voci che entravano in casa senza prima pulirsi i piedi. Poveri pavimenti della signora Adelaide, gli anfibi della polizia lasciano segni che non togli più.
Dani rabbrividì, come quando Gio gli aveva ricordato che glielo doveva.
Entrarono in camera sua.
Questa è grossa, pensò Dani, e d’istinto si voltò verso la maschera di Spadolini abbandonata sul tappeto.
_ Ma che hai fatto? _ Adelaide sembrava implorare che il figlio dicesse che si era trattato di un equivoco, uno scherzo di cattivo gusto, in fondo è Carnevale, no?
Dani aveva fatto bene a preparare lo zaino: avrebbe passato qualche tempo fra i muri spessi dell’istituto perché quel pomeriggio lui e Gio erano scappati, correndo via fino a trovarsi lontani dal caos della sfilata.
_Senti!_ Arrivati al parcheggio del discount Gio si era fermato e aveva levato la maschera di Spadolini dalla testa di Dani; poi gli aveva stretto le mani sulle spalle.
_ Devi aiutarmi!
_ Certo che ti aiuto.
_ Dobbiamo dire che sei stato tu, ci stai?
A Dani saltò il cuore in gola come quando suo padre prendeva troppo veloce la discesa del sottopassaggio della stazione. Guardava Gio esitando.
_ Mi aiuterai, vero? _ Gio cambiò espressione di botto. _ O ti sei già dimenticato della Pozza di Cassandra?
Dani allora si sentì gelare: se non fosse stato per Gio, l’estate prima quando i ragazzi più grandi della colonia estiva lo avevano obbligato a tuffarsi dal punto più pericoloso della pozza, forse sarebbe morto. Invece Gio si era offerto per il tuffo al posto suo, rompendosi la testa. Gli avevano messo trentasette punti lungo tutto il cranio e gli sarebbe rimasta una cicatrice per sempre.
_Me lo devi._ Disse ancora Gio.
Allora Dani capì di non avere scelta.
_Aspetta qui. _ Aveva detto Gio nel bel mezzo della sfilata. Poi si era messo a camminare deciso verso Adriana, appoggiata al muro del bar Centrale, seminascosta da una colonna. Dani sollevò la maschera di Spadolini e rimase a guardarla mentre arrotolava la lingua intorno a un Cornetto; era vestita da strega. Gio le si fece incontro, l’anima scricchiolante sul marciapiede affollato, le mani in tasca e gli occhi bassi.
Dani notò una smorfia sul viso della strega mentre un quadratino di cioccolato le cadeva fra le scarpe. Poi sparì per un attimo dietro la colonna. Lei non aveva visto Gio arrivare, se lo era trovato davanti per la prima volta solo quando aveva sentito il suo respiro nel naso.
Cinque centimetri sono lo spazio di un bacio, e chissà se Adriana un ragazzo l’aveva baciato mai.
Solo cinque centimetri, come la lama di un coltellino a serramanico piantata nel fianco.
Gio era rimasto in piedi senza dire nulla: nemmeno a quel punto era riuscito a tramutare l’alito di un pensiero in parola sonante. Solo una ripicca, un amore incompreso e nato male.
Adriana era scivolata fino a sedersi a terra con un taglio nella palandrana nera; gli occhi annebbiati fissavano il Cornetto mentre le si scioglieva in mano.
Dani avrebbe voluto fare qualcosa ma non trovava il coraggio: solo quando Gio lo aveva strattonato nel parcheggio del discount aveva iniziato a capire tutto il resto.
Poi qualcuno gridò che nel cortile della parrocchia offrivano la merenda, e tutti presero a correre urlando. Ma era solo uno scherzo.