Small cover.png?googleaccessid=application bucket access@typee 222610.iam.gserviceaccountZoom cover

Storico

Memorie ricomposte

Pubblicato il 18/10/2022

Racconto rivisitato e riscritto. La montagna, pochi anni fa, ha restituito il corpo di un soldato morto nella grande guerra.

23 Visualizzazioni
8 Voti

Mani delicate hanno esplorato ciò che resta di me. C’erano le mie lettere nell’astuccio che conservavo nella giacca ormai lacera. Piccoli pezzi di casa che mi accompagnavano in quel mondo bianco, freddo e nemico. Riemerse il mio nome, impresso su di esse. Dopo tanti anni mi chiamo di nuovo Rodolfo. E ho rivisto la luce. Chi mi ha trovato aveva una una sagoma slanciata, era scuro di capelli. Lo ricordo vagamente. Mi colpì però quel suo giubbotto rosso. Luccicava al sole. Che fatalità che oggi sia venuto a camminare fin quassù, a godere dei riflessi del giorno che svelano l’Adamello. E i colori dell’autunno, i profumi, i suoni. Come il bramito del cervo, che ferma il cuore di chi l’ascolta. Anche il cannone lo faceva. Anche lui urlando da lontano.


La trincea era gonfia di odori quando la lasciammo alle nostre spalle. Timorosi, perché quel tugurio era il nostro rifugio ormai. Era lì che parlavamo, ci sentivamo respirare, imprecare, e che leggevamo in silenzio lettere e cartoline che arrivavano da lontano. E che scrivevamo, con tratti sempre incerti, per via del freddo o di un pensiero che non riusciva a dispiegarsi attraverso segni mai usati prima, e a tanti di noi ancora ostili. Tenevamo l’uno all’altro, contandoci ogni sera, per poter immaginare un futuro insieme. Come quella volta che che il dispaccio arrivò all’improvviso. Duro, secco, indiscutibile. Come solo lui sapeva essere.

Non fu quindi per coraggio o per viltà che ci muovemmo, erano gli ordini. I nostri compagni di un avamposto distante avevano necessità di viveri.

Lungo il cammino ci proteggeva il buio. E il freddo della notte, spinto dal vento, ci mutilava il viso. Ci tenevamo uniti legandoci insieme con un filo telefonico tanto la tormenta ci trasformava in fantasmi che si dissolvevano improvvisamente per poi riapparire con forme diverse. Piantammo una tenda, andare avanti non era possibile. La fissammo a terra col gelo nelle ossa. Le gambe, doloranti, sembravano ormai estranee al nostro corpo, come se una orrenda e feroce belva le avesse azzannate e portate via da noi. Le dita non rispondevano più e i contorni del viso dei miei compagni si scioglievano nel buio, come cancellati da chissà quale maleficio.

Ah, che sollievo fermarsi. Dall’inizio era stato tutto un andare, trascinare pesi. Sempre stremati, senza neanche avere il tempo di raccogliere i pensieri, immaginare. Solo l’affanno di sopravvivere. A volte pensavo ai ciliegi che a Besana, il mio paese, mi accompagnavano fino a casa. Enormi. Me li ricordo fioriti. Chissà perché i ciliegi. E non i casolari. O le tavolate con gli amici e i parenti.

Rodolfo! Ecco, percepisco il ricordo di quando mi chiamavano per nome. Rodolfo ero io, era il suono che mi faceva appartenere alla mia gente e mi dava vita all'udirlo. Quando lo pronunciavano mi sentivo di esistere, appeso al mondo. Qualcuno mi aveva pensato, o mi cercava. Voleva di me, ero nei suoi pensieri e nel suo presente. Che bello essere evocati. Sembra, in quei momenti, che il tempo si fermi e attenda te per continuare a scorrere. Che sgomento poi quando quel suono del mio nome era accompagnato dalla gioia, dalla sorpresa, dallo stupore. E apriva gli occhi di chi lo muoveva sulle labbra.

La voce della valanga invece fu un rumore lontano, sordo. Si avvicinava crescendo. Un rombo pauroso, sempre più cupo e violento. L’impatto preannunciato da un vortice. Fu un niente finire nel nulla, trascinato con forza scomposta nel canalone e inghiottito dalla terra. E fu un niente fino ad oggi. Un tempo che non so, un tempo che non ha misura.

Scorre ancora il mio nome adesso, disperso come sabbia in oscuri cerimoniali, tra case che ghermiscono i campi di allora e genti che non conosco. Tra sembianze di ciliegi. Solo per attimi intensi il vento raccoglie di nuovo la mia storia, per poi stendersi di nuovo. 

Logo
3826 battute
Condividi

Ti è piaciuto questo racconto? Registrati e votalo!

Vota il racconto
Totale dei voti dei lettori (8 voti)
Esordiente
7
Scrittore
1
Autore
0
Scuola
0
Belleville
0

Commenti degli utenti

Large whatsapp image 2022 04 02 at 13.44.08.jpeg?googleaccessid=application bucket access@typee 222610.iam.gserviceaccount

Adriana Giotti ha votato il racconto

Scrittore

Molto bello. Forse avrei eliminato qualche aggettivo (come se una orrenda e feroce belva- sarebbe bastato "belva"), ma si legge che è un piacere. Bellissimi alcuni dettagli (ad esempio: il filo del telefono e la conta dei soldati).Segnala il commento

Large default

Anonimo ha votato il racconto

Esordiente
Large ll mare dei surrealisti.jpg?googleaccessid=application bucket access@typee 222610.iam.gserviceaccount

Urbano Briganti ha votato il racconto

Esordiente
Large torre di longonsardo 1.jpg?googleaccessid=application bucket access@typee 222610.iam.gserviceaccount

Maurizio76 ha votato il racconto

Esordiente
Large default

Raffaele 57 ha votato il racconto

Esordiente
Large 12 friedrich viandante sul mare di nebbia.jpg?googleaccessid=application bucket access@typee 222610.iam.gserviceaccount

AT ha votato il racconto

Esordiente
Large default

Sania ha votato il racconto

Esordiente
Large io.png?googleaccessid=application bucket access@typee 222610.iam.gserviceaccount

Coscienza fantasma ha votato il racconto

Esordiente
Large default

di caio bongiorno

Esordiente
Underfooter typee
Underfooter lascuola
Underfooter news
Underfooter work