Non ci sono.
Le 72 vergini non ci sono.
Non so se sono finite o se non ci sono mai state, ma di vergini qui nemmeno l’ombra. Del resto era prevedibile.
72 vergini per ogni martire, dai!
Se calcolo il numero di martiri che ci sono stati negli ultimi tempi e lo moltiplico per 72, beh, viene fuori un numero enorme! E dove le trovi tutte queste vergini ai giorni nostri?
Quindi, niente vergini.
E comunque non è per questo che l’ho fatto, no, e nemmeno per il paradiso, sempre che quello dove mi trovo adesso sia davvero il paradiso, che secondo me il paradiso nemmeno esiste, come le vergini, del resto, a meno che il paradiso sia il vuoto, il nulla, il buio e la puzza, la puzza di morte. Ecco, se in paradiso c’è puzza di vermi e di morte, allora sì, sono in paradiso.
Mi sento a pezzi, e i pezzi sono tutto quello che mi resta.
I pezzi, la puzza, il vuoto.
I pezzi, la puzza e il nulla: è l’oltre tomba e di vergini nemmeno l’ombra.
Il nulla, ma se questo è il nulla allora, queste parole, di chi sono?
Beh, sono le parole di un morto, che del resto è un mestiere così, il nostro. Mai sentita l’intervista a un martire a lavoro finito? L’intervista a un morto?
“Ci dica, allora, come è andata? Era la prima volta?”
“…”
Tre puntini, come i pezzi, raccolti, sepolti.
Ma come ci si arriva a questo?
Di certo non con un annuncio sul giornale, che se qualcuno pensasse di mettere annunci sul giornale per assumere aspiranti martiri dovrebbe per prima cancellare la frase “si richiede esperienza, capacità e competenze”.
Esperienze?
Sì, certo, mi sono fatto saltare in aria già una decina di volte!
Nessuna esperienza.
Siamo tutti aspiranti martiri senza esperienza.
Cani sciolti, lupi solitari.
È ormai quattro anni che sono in Italia.
Sono…
ero!
Mi chiamavo Farouk, venivo dall’Egitto.
Avevo sedici anni quando sono arrivato, da solo, clandestino.
Il viaggio in barcone, il barcone pieno, affollato
e non è nemmeno affondato.
E non si è nemmeno guastato.
Cazzo, proprio tutte le fortune!
E siamo arrivati a riva.
Non mi sono nemmeno levato i sandali.
Scaricati tutti dritti dritti sulla sabbia. Che culo!
Scaricati tutti dritti dritti nella pancia di un CARA.
CARA: Centro Accoglienza Richiedenti Asilo.
Un anno al CARA di Mineo, in Sicilia, a Catania.
Un anno intero dentro la sua pancia, gabbie e capannoni.
Un CARA è come una bara.
Un giorno è venuto a trovarci uno che fa politica. Si è fermato a dormire! Voleva dimostrare che nei centri di accoglienza si sta bene. Ha dormito su una branda, per una notte. Io una branda non l’ho nemmeno mai vista. Ho sempre dormito per terra, e non per una notte, ma per un anno, un anno intero. Poi altri centri, altre genti, e io, un ragazzino, in mezzo agli adulti.
Hanno aspettato che compissi diciotto anni per dirmi che dovevo tonarmene a casa.
Mi hanno dato il foglio di via:
“Buon viaggio”
“Grazie”
Sono partito, ma non per casa, che nemmeno ci avevo i soldi, che nemmeno ci sono i barconi per rientrare, che nemmeno… nemmeno ci volevo tornare a casa.
No!
Sono partito e mi sono trasferito a Roma.
Ho vissuto in monolocali con dieci persone alla volta. Ho cercato di farmi una vita. Ho cercato lavoro, ho provato anche a innamorarmi, a farmi una famiglia, ma la famiglia già ce l’avevo, che tutte le sere mi aspettavano a casa, i dieci.
Hai portato i soldi? Hai portato da mangiare? Hai portato…?
Che se non porti niente paghi lo stesso, paghi col sesso.
Ero diventato la loro puttanella.
Si paga in natura.
Nell’ultimo appartamento eravamo in tredici. Io il povero cristo, gli altri i dodici Giuda che me lo mettevano in culo, a turno, uno per sera. Poi, un giorno, mentre mi scopava, uno dei Giuda mi ha parlato.
Se vuoi puoi mettere fine a tutto questo.
Mi ha parlato di martirio, di vergini, paradiso, ma l’unica parola che mi era rimasta in testa era “fine”.
Fine.
Non mi erano mai interessate né la politica né la religione, non mi era mai interessato niente.
Ma quella parola: FINE.
Mi era rimasta in testa.
Un chiodo, una lancia, ficcata nel costato.
FINE.
Appendetela sopra la mia croce.
FINE
Farouk l’Infame Nato per Esplodere.
Certo, avrei potuto anche suicidarmi da solo, in solitudine, ma è diverso. Ci vuole più coraggio a farlo da soli, a farlo per se stessi.
La faccio finita.
E sei lì, ma ti manca lo slancio, manca la spinta, manca…
E se poi il paradiso e le vergini esistessero davvero? Cazzo. Già che uno deve morire!
È per questa ragione che l’ho fatto in questo modo, per non essere da solo nel momento di andarmene, e poi, e poi non si sa mai, metti che ci siano davvero le vergini.
Ma le vergini non ci sono. Non ci sono mai state.
Sono rimasto nascosto in un appartamento per quattro mesi, da solo, nessun contatto con l’esterno. Ogni collegamento interrotto. Via il cellulare, via ogni possibilità di essere rintracciato.
Solo una data, un luogo e un’ora, per la consegna del pacco.
Solo una data, un luogo e un’ora per mettere in atto il piano.
Ogni giorno un rider lasciava fuori dalla porta da mangiare.
Tutto pagato in anticipo.
Il giorno della consegna sono uscito. Tutto come prestabilito. È stato in quel momento che ho saputo della pandemia, ma in giro dicevano che ormai era tutto finito, restavano solo le mascherine, per sicurezza.
Figata, ho pensato. Nemmeno il bisogno di nascondermi, di passare inosservato.
2 Giugno.
Zaino in spalla, vado verso la stazione Termini.
Zaino in spalla e mani in tasca e nella tasca l’innesco.
Obbiettivo minimo: duecento morti. Se riesco anche di più.
Scendo ed ecco la sorpresa. Cazzo, non ci aveva pensato. Merda, merda, merda. La pandemia, distanziamento sociale. Stazione semivuota, persone lontane le une dalle altre.
Distanza minima: un metro. Se mi va bene ne ammazzo venti.
No che non va bene.
Esco, di corsa. Merda. Poca gente. Vado a destra, via Giolitti, Via Cavour, Amendola, sinistra, Via del Viminale, destra, Napoli, sinistra, destra, Quattro Fontane, corro, merda, poca gente, un metro fra loro, se va bene una ventina, no che non va bene, Rasella, Traforo, Due Macelli, nessuno, Piazza di Spagna, forse, no, troppo pochi, dove sono i turisti, cazzo, Via del Babuino, in lontananza voci, un megafono.
Corro!
Piazza del Popolo, ed eccoli, i manifestanti, tanti, i selfie, e lo vedo, il politico, quello del CARA di Mineo, della brandina. Mi avvicino, nessun distanziamento, altro che duecento, bandiere al vento, cantano, nazionalisti, forse anche un po’ razzisti:
Prima gli Italiani!
Fantastico:
È per voi la mia bomba al plastico.
Ho la mano in tasca, l’innesco, come il mio cazzo, lo carezzo, mi masturbo, mi eccito.
C’è qualcuno, vicino a me, lo sento, forse mi ha scoperto.
Forse.
Sento una voce:
Merd…
Lo guardo
lo riconosco
il pacco
l’innesco.
Vengo.
Qualcuno la chiama eiaculazione precoce.
Schizzi di sperma per tutta la piazza.