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Horror

Mosche

Pubblicato il 16/05/2022

Ci chiamavano "Mosche". Il suono dei nostri nomi lo avevano dimenticato molto tempo prima.

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Ci chiamavano "Mosche". 

Il suono dei nostri nomi lo avevano dimenticato molto tempo prima.

Eravamo tre in dipartimento. Io ero la più giovane, fresca di concorso.

Delle altre due, una era in attesa di pensionamento, l'altra mi superava di pochi anni. Non ricordo chi tra i poliziotti avesse cominciato a soprannominarci così, all'inizio bisbigliando con risatine coperte da mani nervose e poi sempre più apertamente, fino a convincere anche noi che sì, quello non era solo il nostro lavoro, ma la nostra essenza: mosche. 

Il motivo d'altronde era chiaro. Appena rinvenuto un cadavere, venivamo convocate e sciamavamo insieme sul posto dove il corpo giaceva semi-decomposto. Ne sradicavamo qualche pezzo, raccoglievamo in boccette i liquami, i vermi, nel mezzo di effluvi nauseabondi.

Come insetti attirate dallo sterco, ci gettavamo su residui di vomito, merda, putridume e ne facevamo incetta.

Agivamo in perfetto silenzio. Del resto non dovevamo corrompere le prove e la tuta ci copriva il viso per intero, rendendo impossibile comprendersi se non a gesti. Ci limitavamo a ronzare lontane dai poliziotti che non riuscivano a respirare nel tanfo senza rigettare, facendo intendere che sì, solo noi della scientifica sapevamo dare il giusto valore a quei rottami umani, trasformare un po' di saliva, tracce di sangue, ciglia, residui nelle unghie in dimostrazione inoppugnabile di colpevolezza, indovinare sul palco dell'ultima scena, atto dopo atto, la trama dell'ennesima tragedia

"Vuoi un po' di sperma, urina e feci... ti lascio le mutande. ah ah ah", mi rise in faccia un giorno un'agente sulla cinquantina. 

Non risposi alla sua ironia macabra. Avevo imparato a non reagire alle provocazioni, almeno da quella volta in cui il commissario mi aveva costretto a subire un ditalino, senza che riuscissi a reagire. Allora lo credevo onnipotente e poi il ricordo delle parole di mia nonna mi impediva di gridare, invocare aiuto: "Tutto, per il lavoro!". Viveva asservita alla pensione di guerra di un vecchio alcolista e violento, che perdipiù la tradiva con tutte le puttane del paese. Non che il mio persecutore potesse minacciare altrettanto. Era impotente, come ebbi conferma dalle altre colleghe, vittime delle sue attenzioni morbose. E anche quando ormai avevo capito come far valere i miei diritti, che potevo non subire ma ottenere giustizia, lasciai che facesse. Era diventata una routine innocua. Non intralciava nemmeno il flusso dei miei pensieri. E poi ci serviva, per quell'accordo non scritto con cui taceva ai superiori alcune leggerezze nelle nostre indagini. Gli lasciavo momentaneamente il mio corpo e, con la mente e lo sguardo, volavo ai residui freschi di sudore che rilucevano sulla scrivania, alle tracce di altri abusi che mi affascinavano e soggiogavano la mia curiosità. Ricostruivo i suoi passi, immaginavo i corpi delle altre "mosche", profanati da quell'essere immondo, fino a che venivo sulle sue mani. L'esaltazione del suo sguardo mentre si passava le dita sui baffi neri era la condanna che gli riservavo. Abbandonarlo alla sua mania, come una formica in zucchero e bicarbonato, finché ne morisse.

Ricordo quel giorno come fosse ieri. L'umidità pesante di una nebbia estiva, io che grondavo sotto la tuta di lavoro, con l'assorbente zuppo tra le gambe e il rumore incessante delle macchine. Il mio corpo e quello delle mie colleghe, bianchi, eterei, muoversi sincroni, come angeli della morte, venuti a consolare l'anima del deceduto.

"Capisce, ispettore, non possiamo smettere la produzione."

Il titolare accumulava le parole in velocità, scarnificandosi le unghie fino a sanguinare. "Devo fare la consegna entro dopodomani".

Il giovane ispettore taceva. Osservava noi, come se, dal nostro danzare attorno alla morte, potesse prevedere l'esito delle nostre ricerche.

"Per stasera sarà tutto libero", disse risoluto.

Il corpo era lì da due giorni. I pochi presenti lavoravano coi volti nascosti sotto mascherine da cui spuntavano occhi stralunati. Cercavano di agire come se il cadavere non fosse lì, non esistesse e quelle membra, vittime di una decomposizione accelerata dal calore soffocante, non appartenessero fino a poco prima a un essere della stessa specie. 

Vivono, gli umani, fingendo di non essere sedimentati, anima e corpo, dai residui organici dei nostri predecessori, dalle loro filosofie e dalle loro passioni. Ricombinazioni delle ceneri dei nostri antenati, ecco quello che chiamiamo "generare".

"Allora?", mi fece l'ispettore, prendendomi da parte dopo che avevamo finito. "Scoperto qualcosa?".

"Ispettore, lei sa che dobbiamo…"

"Ho visto come vi muovevate. Sapete già!"

Parlava guardandomi negli occhi. Giovane, sicuro di sé e maledettamente attraente.

"Me lo dovete dire, se è omicidio. Va a finire che mi tocca passare la licenza a cercare il colpevole."

"Ah sì? Va in licenza? E che programmi ha?"

"Se me lo chiede, deduco che non è omicidio. Venga, le offro da bere e le racconto", ammiccò.

Mi raccontò della sua prenotazione per un viaggio in Norvegia, del circolo polare, della casa dove abitava.

Del suo amore per quelle due solitudini, l'artico e la casa, dove si rintanava per trovare pace. 

Mentre parlava, indugiavo lo sguardo su di lui, ipnotizzata dalle gocce di sudore che gli scivolavano sul collo.

Avrebbe dovuto partire il pomeriggio successivo, avevamo tutto il tempo. Posai la mia mano sulla sua.

La serata si concluse come doveva: nel dubbio, tra le solitudini delle nostre case, prese dimora sul mio letto.

E il giorno dopo non partì. E nemmeno il successivo.

Rimase a casa mia fino alla festa per la pensione della collega più anziana, cinque giorni dopo.

Era una festa doppia in effetti: si salutava una sorella e se ne accoglieva un'altra, una "novizia", fresca di concorso. Una tradizione ormai. Lo stesso era avvenuto per me. E per la prima volta si teneva a casa mia.

Accolsi le altre "Mosche" all'ingresso. Furono affascinate dalla mia collezione di larve, dalle gigantografie dei corpi più interessanti che avevamo analizzato e con cui avevo tappezzato il salotto. Dalle boccette di vecchi casi che tenevo sulle mensole.

La giovane novizia, piuttosto sulle sue all'inizio, si lasciò andare, forse anche inebriata dal profumo della cena che saturava la casa. 

Sfregandosi le mani come per pulirle, ci descrisse le attenzioni del Commissario. Ci raccontò della sua solitudine. La rassicurammo. Era tra gente della sua stessa specie, finalmente.

Mentre parlavamo, l'ispettore aspettava in cucina. Lo raggiunsi.

"È quasi pronto! Venite!", ed esse ronzarono subito attorno al tavolo.

Lui se ne stava lì, putrefatto, a lasciarsi ammirare dagli occhi famelici di tutte noi.

Finché la novizia, soggiogata dal suo aroma, si passò la lingua sulle labbra.

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Italo ha votato il racconto

Scrittore

un piccolo capolavoro di mosche e larve, e scrivere in modo impeccabile.Segnala il commento

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TheStain ha votato il racconto

Scrittore

Complimenti.Segnala il commento

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Rubrus ha votato il racconto

Esordiente

Visto che tanti si sentono in dover di precisarlo, io preciso il contrario: a me l'horror piace, basta che non ci sia dello splatter gratuito. Considerato l'argomento del racconto, avrei detto Ygramul, più che Graorgraman. Racconto piaciuto anche perchè parte da un dato assolutamente realistico, cioè il soprannome dato, in molti contesti, ai nuovi arrivati (burbe, pivelli, primini ecc) per costruirci sopra una sorta ben condotta, tesa e che precipita agevolmente verso il finale.Segnala il commento

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Sanros ha votato il racconto

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Violeta ha votato il racconto

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Paolo Sbolgi ha votato il racconto

Scrittore

Con stile magistrale ti addentri nel genere horror, con ottimo ritmo e finale convincente Segnala il commento

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I'an Well ha votato il racconto

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Hollyy ha votato il racconto

Esordiente

Avrei scritto “ vomitare”, non rigettare( ma qui vien fuori la professione ;). Gli horror mi inquietano. Però è scritto benone.Segnala il commento

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Ezio Falcomer ha votato il racconto

Scrittore

Eccellente.Segnala il commento

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Katzanzakis ha votato il racconto

Scrittore

Non il mio genere, ma la cosa è irrilevante. Scrittura impeccabile.Segnala il commento

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Laura Chiapuzzi ha votato il racconto

Scrittore

L’horror mi piace quando non cede troppo il passo allo splatter, e invece qui tu hai mantenuto il giusto equilibrio fra quegli elementi che caratterizzano il genere. Inoltre hai evidenziato un dettaglio come l’abuso di ruolo inserendolo perfettamente nel contesto. Scrittura davvero impeccabileSegnala il commento

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sinapsineuronica ha votato il racconto

Esordiente

Spesso sogno di essere un moscone. Dopo questa lettura spero che nel sogno si aggiunga una mosca e di socializzare con lei... facciamo una vita di merda, e un po' di compagnia mi farebbe bene! Bravo/Brava Graograman/Graowoman.Segnala il commento

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Albemasia ha votato il racconto

Esordiente

Scritto in maniera impeccabile. Bellissimo. Complimenti. Segnala il commento

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Lorenzo V ha votato il racconto

Scrittore
Editor
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Bruno Gais ha votato il racconto

Esordiente

Bellissimo il modo con cui mi hai accompagnato in questa storia. Complimenti. Per me questa è una lezione di cui farò tesoro.Segnala il commento

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Marco Verteramo ha votato il racconto

Scrittore

Spendo poche parole, anzi una. GrandeSegnala il commento

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Adriana Giotti ha votato il racconto

Scrittore

Bellissimo. Il famigerato "show don't tell": sei sulla scena, vedi ogni singolo dettaglio e senti persino gli odori. Grande pezzo Enrico.Segnala il commento

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Davide Marchese ha votato il racconto

Scrittore

"Vivono, gli umani, fingendo di non essere sedimentati, anima e corpo, dai residui organici dei nostri predecessori, dalle loro filosofie e dalle loro passioni. Ricombinazioni delle ceneri dei nostri antenati, ecco quello che chiamiamo "generare". È come se avessivscritto una poesia. Non ho potuto fare a meno che pensare alla Clarice de il silenzio degli innocenti... stessa forza, stessa "tenuta" morale. Wow...Segnala il commento

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Ondine ha votato il racconto

Esordiente

L’horror mi fa effetto. L’ho letto proprio perché so che sei una gran bella penna. E confermo.Segnala il commento

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omALE ha votato il racconto

Esordiente

Horror non e' il mio genere ma quando c'e' una buona storia sostenuta da una valida scrittura la lettura ti coinvolge lo stessoSegnala il commento

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Silvia Lenzini ha votato il racconto

Scrittore

Horror, decisamente. Una volta Paolo Basso mi disse che sarebbe stato interessante se io avessi aperto il mio vaso di Pandora. Beh, mi sa che questa volta l'hai aperto tu. La tua scrittura è impeccabile come sempre, ma il genere mi ha sorpreso non poco. E bravo Enrico, la Bartlett ti spiccia casa.Segnala il commento

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Urbano Briganti ha votato il racconto

Esordiente

Pur se macabro, scritto in maniera sublime. Complimenti Segnala il commento

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Paola Zaldera ha votato il racconto

Esordiente

Semplicemente bellissimo…Segnala il commento

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Franco 58 ha votato il racconto

Esordiente

Inquietante e molto pulp... e anche un po' noir. Quasi troppo, per me, ma io sono un ragazzo sensibile, forse troppo, e non faccio testo. Scritto bene, però con tutti i crismi del caso.Segnala il commento

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lAm!bisko ha votato il racconto

Esordiente

Horror, ma il finale è noir. Intelligentemente noir.Segnala il commento

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Giampiero Pancini ha votato il racconto

Scrittore

Chapeau! Nulla da aggiungere.Segnala il commento

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di Graograman

Scrittore
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