La fine della scuola ci dava la sensazione di una ritrovata libertà, con la spiaggia di giugno non ancora affollata, le corse nell’acqua, la pelle bruciata dal sole e le lunghe giornate di luce.
Claudia fu la prima a parlare di ragazzi. «Lo so che vi piace Sergio. Piace a tutte!»
«A me no! È antipatico e se la tira» obiettò Annalisa.
«La volpe che non arriva all’uva» continuò Claudia ridendo.
«Allora chi vi piace? Dai Elena parla, chi ti piace?»
«Non mi piace nessuno» dissi io un po’ scocciata.
«Figurati!» sbuffò Claudia, «come siete noiose! Invece a me piace Sergio, eccome, ma lui vede solo Paoletta!»
Tutte guardavamo te, avevi abbassato lo sguardo e ti concentravi sul piede sinistro, poi spostandolo da un lato all’altro creavi mucchietti di sabbia; quando poi si erano calmati i chiacchiericci, ritornavi l’osservatrice appartata di sempre.
«Facciamo il bagno?»
Claudia l'esplosiva pensai, e rispondemmo in coro. «Un... Due, tre…»
Prima del via arrivò Sergio alle nostre spalle e ci fu un silenzio improvviso e imbarazzato.
«Di cosa parlavate? Vi ho visto ridacchiare.»
«Stavamo per fare il bagno» risposi un po’ scocciata. Lo guardai di profilo. Alto, impettito e lucido, sorrideva con il ciuffo alzato dal vento e il costume attillato.
Mi ignorò, naturalmente, perché guardava te, e continuò con quel tono di voce insopportabile e finto. «Ciao Paoletta.»
Tu sembravi più piccola, pur non essendo bassa, forse per le ossa minute o per la grazia dei gesti, simile a quella dei bambini.
L’attenzione che ti dedicava, ti metteva a disagio, tenevi la testa abbassata sul petto, i capelli castani raccolti da un nastrino lento da cui cadevano due ciocche che cercavi nervosamente di rimettere dietro le orecchie.
La tua bocca era socchiusa e morbida, e di profilo ti dava un'aria imbronciata. Lui ti parlava, e tu eri intenta a fare mucchietti di sabbia.
«Ciao Paoletta… Stai bene?» insistette.
«Bene, grazie…»
«Ho due biglietti per il concerto nel chiostro di S. Agostino» disse Sergio con voce acuta.
«Che noia!» rispose Claudia, pur non interpellata e immediatamente ignorata.
Sergio continuò a puntare Paola «So che suoni il violoncello, Paoletta...»
Viscido, pensai.
«Si …» Eri imbarazzata e incredula, ma lui non ci fece caso.
«Ti piacerebbe accompagnarmi?»
«Non vuole uscire con te!» esplosi.
«Zitta tu» mi liquidò senza degnarmi di uno sguardo.
«Vengo a prenderti stasera dopo cena. Non mi deludere dai.»
Noi tutte ammutolimmo in attesa della tua risposta. Tu alzasti le spalle, come a dire che ci saresti andata comunque.
Il chiostro di S. Agostino ospitava un gruppo di giovani musicisti. Il cielo era stellato e l’aria filtrava leggera. Tu indossavi un abito di chiffon rosa antico aperto sulla schiena e portavi i capelli raccolti sulla nuca, mostrando la linea dolce del collo. Così, anticipando il tuo ordinario e sprezzante cavaliere, avevi la felicità dei puri, incantata dalle note di Schubert e, quando mi sei passata accanto senza vedermi, mi è arrivato il tuo profumo di gelsomino.
A distanza di tempo ti riabbraccio e ti ritrovo ancora malinconica e sempre bellissima. Tieni le mani sulle gambe e hai uno sguardo lontano e il profumo di sempre.
«Come fai a sapere che ero vestita così?»
«C’ero anch’io al chiostro di S. Agostino, Paola. È passato tanto tempo e non so cosa sia successo dopo quella sera, che cosa ti abbia così profondamente cambiato.»
Quasi sussurri. «È successo qualcosa a cui io, forse ingenuamente, non avevo nemmeno pensato. Anzi, qualcosa che non sapevo e non avrei mai immaginato. Qualcosa che non volevo.»
Il tuo sguardo mi sfugge, come se ti vergognassi.
«Mi sono sentita considerata, io che non avevo mai pensato di piacere a qualcuno. Mi sono fidata!» Hai un' espressione amara e mi guardi con gli occhi acquosi che sembrano ancora più verdi e grandi. «Lui invece si vantava solo della sua collezione di donne.»
Abbassi gli occhi un istante, poi cambi discorso, imbarazzata.
«Sai, qui in paese anche di te non dicono belle cose.»
Scoppiai a ridere:
«Cosa si dice? Che sono lesbica?»
Mi guardi un attimo negli occhi e poi riporti lo sguardo sulle mani che hai in grembo. «Sono cattiverie, lo so. Maldicenze dovute al fatto che non ti sei sposata e…»
«È la verità, Paola, così come è vero che Sergio ti ha usato violenza.»
«Ma cosa dici?»
Sembri spaventata. Poso una mano sulla tua. È fredda.
«La verità è che io sono qui per esserti amica, ma anche perché non voglio più fuggire.»
Mi guardi a lungo, come se ti avessi appena aperto un mondo. Dopo quella nostra conversazione, abbiamo passeggiato molte volte sul molo, il mare si scagliava forte sugli scogli portando il suo odore aspro e vivo.
Quelle sono una coppia e vivono insieme, diceva qualcuno con un sorrisetto di scherno. Noi abbiamo continuato a tenerci la mano, ad ascoltare i nostri silenzi, a sorriderci e volerci bene, anche quando un giorno mi hai detto che ti eri innamorata di Marco, e io ti ho stretto ancora più forte.
Ora il mare ha un suono monotono però mi arriva ancora forte l’odore dei gelsomini.