10 giugno 3954
Caro QuBit,
credimi, certe volte questa dannata valle artificiale mi fa sentire così male che mi viene voglia di vomitare.
Le gocce di condensa pretendono di imitare la pioggia, il sole fittizio illude con l’inquietante sequenza giorno-notte. Come se non bastasse a volte l’aria puzza. Quando si decideranno a sostituire quella antiquata AI che attiva i purificatori? Che schifo. Mi pare tutto così farlocco, persino i bioautomi non si distinguono dalle persone vere. A proposito di persone vere, c’è un idiota che mi aspetta alla paratia del corridoio esterno ogni volta che vado a fare running, è sempre ubriaco, con una bottiglia di birra romulana da 66cl in mano. Chissà dove rimedia i crediti per bere. Forse li ruba alle vecchiette della prima generazione sulle panchine della valle.
E domani sera – sera si fa per dire – Hans Hayden mi porterà a cena alla “Cupola delle stelle” e in cambio di un fantastico piatto di aragosta fresca di stampa 4D dal sapore plastico, faremo sesso fino all’alba – alba si fa per dire –
Non c’è un ragazzo che mi piaccia abbastanza da volerci instaurare un rapporto serio.
Forse sarebbe meglio farmene stampare uno in 4D, come l’aragosta, avrebbe quel sentore di plastica tiepida, ma perlomeno sarebbe come dico io… non come quell’insulso bestione di Hans Hayden che pensa solo alle partite di antigravity football!
Oh, che prospettiva può avere una ragazza come me?
Non vedo l’ora di arrivare su Alpha Centauri e diventare famosa, magari come scrittrice, smettere di lavorare nella squallida conceria di pelle sintetica per bioautomi. Vorrei essere nata duemila anni fa, quelli sì erano bei tempi. La Terra senza inquinamento, le persone vere persone. I ragazzi veri ragazzi!
Oh, eccoli di nuovo, quelli del dannato comitato anti sbarco. Tanto rumore per nulla. Vorrebbero tornare indietro, sulla Terra. Sono pazzi.
Che vita è mai questa? Non è il tempo giusto in cui vivere.
Oh, devo andare a comprarmi un vestito nuovo per domani sera.
10 giugno 1954
Caro Diario,
credimi, certe volte questa dannata camera ammobiliata mi fa sentire così male che mi viene voglia di vomitare.
E il panorama? Uno schifo. Oltretutto c’è olezzo di fogna che arriva dalla strada, quando si decideranno a sistemare le maledette tubature?
Domani sera esco con Hay Hansen, verrà a prendermi con quel rottame azzurrino che chiama automobile e che sputa fumo nero in continuazione dallo scarico malconcio. Mi porterà al cinema – cinema si fa per dire – al solito drive-in, mi toccherà sorbirmi il milionesimo film di mostri spaziali mentre ingurgito un ributtante hamburger con patatine. In cambio poi mi porterà al belvedere – belvedere si fa per dire – in cima alla collina spelaccchiata. Oh, certamente vorrà pomiciare fino a tarda notte, almeno fino alle 10.
Mi tocca accontentarmi di quel bestione di Hay Hansen che pensa solo alle partite di baseball, ai fottuti alieni che invadono la Terra.
Oh, che prospettiva può avere una ragazza come me?
Eccolo di nuovo quell’ubriacone in fondo alla strada. Ogni giorno mi aspetta con la bottiglia di whisky scadente per propinarmi le sue battute volgari. Chissà dove li rimedia i soldi per comprare da bere, probabilmente li ruba alle vecchiette nel parco.
Come mi piacerebbe andarmene da questo pidocchioso villaggio nel deserto, dimenticato da Dio. Vorrei trasferirmi in una grande città, diventare qualcuno, smettere di lavorare nella squallida conceria di pelle di serpente. Vorrei poter vivere fra duemila anni! Potrei andarmene lontano, magari su Marte. Esplorare nuovi mondi, starmene in giro tutta la notte, farmi costruire un ragazzo su misura.
Che vita è mai questa? Non è il tempo giusto in cui vivere.
Oh, devo andare a comprarmi un vestito nuovo per domani sera.
Cara tabula,
credimi, questa dannata città a volte mi fa sentire così male che mi viene da vomintare, specialmente quel fracasso di spade misto a ruggiti che arriva dall'anfiteatro...