Non avrai il mio sudore
o il mio impegno e sacrificio,
né le ossa che si spezzano
col sole
da leccare come zucchero filato
dopo i fuochi d’artificio.
Non avrai il mio rispetto
innalzando i tuoi bastioni
in conoscenza
maldicenza
tracotanza:
quella morte che hai nel petto
non la guardi mai abbastanza.
Non avrai la mia mobilità sociale
né l’abiura di chi sono e sarò sempre:
fa più schifo il tuo salotto imburrato
del mio sputo che ti unge
come un ventre molle.
Non avrai la mia vecchiezza,
le mie albe stanche di mercurio
e le catene infrante da Cartesio:
ti sfido a caricarti a molla
per sorreggere quel peso
che ci inchioda burattini
a questo mondo senza fini,
senza fine,
senza vita vera.