Al grigio dei palazzi
e all’odore delle pozzanghere,
mi divennero tempesta
gli ideali passati.
Non vi volavano più
i profumi di un parco accarezzato
dal tramonto che tinteggia
le foglie profumate
Tacevano i bei suoni
della calma ricercata
da coloro che urlavano
dal silenzio dei loro automi
Si posava il freddo
sulle pelli nude,
pallide e bagnate ancor
dal cielo sporco
ed inquinato
Non c’era più gusto
nel riveder la stessa
via per tornar al rifugio
delle case proprie.
V’era una pioggia
che bagnava tutto
ovattava i sensi
atmosfera da lutto;
Stancava la terra
si sporcavano abiti
si cancellavano orme
sprofondavano passi.
La quiete va cercando il mio furore
con le mani tremanti nel desiderio
bramato, nell’illusione.
Risiedo or di nuovo a casa
appassito com un fior, d’inverno
il vento qui non soffia
sento ancor gelide mani abbracciarmi.
Era una casalinga, riviera
che com me prova
ribrezzo per il nulla
dal quale
spesso mi porta via
grige lenti fumo.
Un rifugio divenne casa mia
dal nulla che m’assaliva all’aria
gabbia però era, non angelico giaciglio.
Gridando allor uscii dicendo:
-Questa vita allora?
Brusca allor la coloro!
Tremino i grigi palazzi
perché al tramonto anche voi
cadete dipinti!
Sia fatta vita
tra le strade strette
qui non muore la gente
sia fatta festa: la morte!-
Danzo or freddo, indolenzito
al dolor che diventa
Musica per le mie orecchie!
Parole per il mio racconto!
Rivedetti la luce
quella fu
a salvarmi, dentro
di me la trovai
Caddi a terra
Ridendo e scherzando
Non mi detti più somaro
Non mi detti più sovrano.