Ancora lunedì.
E giá tre giorni prima, si era ritrovato a pensare che tre giorni dopo sarebbe stato lunedì. Quando aveva fatto questo pensiero stupendo, era dunque venerdì, e ricordava ancora chiaramente di aver preconizzato il proprio status esistenziale del lunedì successivo.
Fatto sta, che da qualche tempo sentiva il bisogno di precedere gli eventi che l'avrebbero coinvolto, di lì a poco, cercando di immaginare come si sarebbero dovuti evolvere - e concludere - se fosse riuscito a rispettarne i tempi e le pregnanze, immaginati in una determinata sequenza, che tenesse conto anche delle possibili varianti, in una ridda di ipotesi quasi inesauribili.
Esclusi gli appuntamenti più importanti, annotati scrupolosamente a matita sopra un taccuino, la rimanenza residuale dei suoi impegni, rimaneva appollaiata fra i suoi pensieri - come tanti pappagallini, pronti a fare caciara, in attesa del capobranco, che desse il là - permettendogli di fantasticarne l'esito, assieme a tutta una babele di eventi minori, pappagallini permettendo.
Si prendeva, in tal modo, la libertà di immaginarsi come si sarebbe potuto sentire, nel caso che fosse successo questo, quell'altro, o quell'altro ancora, oppure tutt'altro, illudendosi di poter arrivare già preparato all'ipotetico evento in questione, per affrontarlo, e risolverlo, a suo dire, nel migliore dei modi. È chiaro che si trattava di seghe mentali, mescolate al piacere dell'autocontrollo, per decidere il tempo e il modus operandi- nonché la scaletta- dei propri orgasmi esistenziali, o delle mancate erezioni, come dell'ejaculatio precox, nel caso si fosse presentata, pure lei, sotto le mentite spoglie di un piacere maturato troppo in anticipo, rispetto alle previsioni.
L'orgasmo soddisfacente in solitaria, oramai, lasciava il tempo che aveva trovato, rodato com'era, da una pratica pluridecennale, mentre l'ejaculatio precox, era precoce, d'accordo, ma rispetto a cosa!? E in anticipo sui tempi di chi!? Di sè medesimo distaccato da sè stesso? Oppure rispetto al tempo minimo/medio che avrebbe potuto mettere in scaletta per fornirsi un'indicazione temporale, rispetto alla quale, in effetti, si sarebbe potuto parlare di ejaculatio precox, con una cognizione di causa adeguata? E mancata erezione poi, perché?
Cosa poteva significare, di grazia, dover affrontare una mancata erezione del proprio organo di piacere, trovandosi a macinare ipotesi interpretative a non finire? Forse che non era più in grado di produrre stimoli autoctoni adeguati a un'erezione degna del proprio nome?
In confronto alle ultime due, la noia diffusa - mai scomparsa, del tutto - gli pareva quella meno colpevolizzante, tutto sommato. Di certo la più accettabile, e accettata, a rigor di logica, perché frutto evidente della sua incapacità di vivere una relazione eterosessuale standard, senza dover impegnare inutilmente il proprio tempo nella previsione degli esiti in divenire.
Detto fra noi, non ricordava neanche più cosa potesse significare, per lui, mescolare le proprie giornate a quelle di una lei, al netto del tempo che ognuno avrebbe continuato a passare in compagnia dei propri fantasmi. Ma quanta parte del proprio sé sarebbero riusciti a condividere, quegli ipotetici lui e lei, nel caso se ne fosse presentata l'occasione?
È dove avrebbe potuto portarli, l'eventuale condivisione del proprio tempo libero?
E come avrebbero saputo affrontare tutte le imprevedibili conseguenze di quella scelta?
Tutte queste considerazioni mi sono state affidate con un fare discreto, da questo amico, con un tono sobrio, scevro da complicanze autoreferenziali e compiacimenti di qualunque genere, tanto da indurmi a rendervene conto, nel modo più semplice e chiaro che ho saputo trovare.
Allo stesso tempo, urge ribadire l'uso metaforico degli esempi di cui poco sopra: l'autoerotismo, l'ejaculaxio precox, la mancata erezione, la noia diffusa: sono tutte da intendersi come proiezioni simboliche di un disagio interiore, usate per stimolarne l'immediata fruizione in levare, ad uso e consumo di chi si dovesse sentire rappresentato dagli esempi in questione, senza pretendere effetti taumaturgici immediati.
"È come giocare a ping pong da solo... sai!" ha aggiunto, infine, il mio amico, per poi continuare, dopo una breve pausa: " Batti sul tuo campo, cercando di rallentare la pallina il più possibile, e di alzarla, per avere più tempo, poi schizzi via, e cerchi di raggiungere la pallina prima del secondo rimbalzo, sul campo opposto, e poi cerchi di colpirla ancora, con le stesse modalità, schizzi di nuovo sul lato opposto, e vai avanti così, finché riesci a mantenere il ritmo, e la concentrazione. Ma dura poco, sai?
Riesci a fare anche dieci, dodici scambi, con te stesso, ma poi ti infarti (volevo scrivere incarti, ma anche infarti, non è male) preso come sei, dalla foga di misurarti con te stesso. E poi senti tutti i pappagallini che fanno caciara, all'unisono, e ti rendi conto, che è già troppo tardi.
È già lunedì."