«Leo: io butto giù l’articolo e vi saluto, la prossima settimana non ci sarò per nessuno.»
«Bene, ottimo. Beato te. Di che parla?»
«Di quei coglioni, quelle teste marce, quei luridi…»
«Non dirlo, ho capito: quell’aggressione? Giusto? Bene: ma evita di nominare quella parola. Soprattutto non scriverla.»
«Perché non dovrei? Cos’è questa sciocchezza?»
«Lo sai benissimo, al nostro caporedattore non piace, al nostro direttore non va bene, al nostro editore urta. È la linea editoriale, tu la conosci benissimo.»
«Una linea editoriale che vieta di chiamare con il loro nome quei…»
«Falla finita, davvero, potrebbero sentirci.»
«Non puoi approvare questa censura. Mica possiamo girarci intorno, le cose vanno chiamate con il loro nome.»
«Non è così. Il fatto è, io credo, che questa linea editoriale sia una strategia per isolare questi deficienti, non dandogli importanza, sminuendoli; credo che s’inserisca benissimo in un contesto più ampio.»
«Guarda che non nominarli, non dire quello che sono, serve solo a non far bene il nostro mestiere, e in qualche modo a non affrontare il problema. I più grandi disastri iniziano in sordina: far finta che non esistano ci renderà impreparati quando l’infezione esploderà.»
«Non è così e lo sai bene.»
«Tu come chiami uno che uccide le sue vittime seguendo una logica maniacale tutta sua?»
«Serial killer?»
«Certo, giusto; e come altrimenti?»
«Il paragone non calza.»
«Calza eccome: e come tu puoi chiamare serial killer un assassino seriale, non vedo perché io non debba e non possa chiamare queste merde come, tra l’altro, si autodefiniscono.»
«Se ci ragioni sopra…»
«L’altra sera ascoltavo quell’irritante Cruciani alla Zanzara, sai che mandano in onda le telefonate di persone inquietanti, disgustose… c’era questo qui, questo deficiente, che ha chiamato per dire la sua e, dopo essersi autodefinito per quello che è, ha avuto il coraggio e la stupidità di dire che in quei posti c’erano i cinema…»
«Sono degli ignoranti, d’accordo, ma non possiamo certo paragonare questi episodi isolati alla storia…»
«I cinema! Ti rendi conto? Maremma maiala. Non forni, e privazioni, e negazione della condizione umana… i cinema! Porca puttana. Come se quell’inferno fosse stato solo un’invenzione. Negazionista. Quello era un bastardo…»
«Per piacere, davvero, basta! Stai esagerando. Ti ho detto di non dirlo, vuoi che te lo chieda per favore? Ok, per favore: non dirlo.»
«Si è definito lui così, sai cosa gli farei io a lui e a tutti quelli come lui? A tutti questi…»
«Proprio non vuoi capire?»
«Gli farei passare un quinto di quello che loro han fatto passare a quei poveracci, un quinto basterebbe. Io lo scrivo l’articolo, e lo scrivo a modo mio, scrivo che questi sono dei maiali…»
«Vuoi farmi perdere il posto di lavoro? Vuoi perdere il tuo posto di lavoro?»
«Come fai, come fate a ignorare questa parola?»
«Perché è stata superata dalla storia.»
«La storia si aggroviglia sempre su se stessa e ignorarla, anche solo eludendo una parola, significa non aver fatto tesoro dell’esperienza.»
«Così vanno le cose, occorre adeguarsi.»
«Adeguati tu, adeguatevi voi. Non mi si può impedire di utilizzare una parola.»
«Il mio è un consiglio, so cosa accadrà se la utilizzerai.»
«Correrò il rischio e mi guarderò allo specchio con fierezza, non posso creare i presupposti per provare disgusto verso me stesso.»
«Sei uno sprovveduto.»
«Tu sei un conformista che si uniforma a questa cazzata del basso profilo.»
«Sei un ingenuo.»
«Cristo! Erano loro che abolivano il “lei” e le parole straniere.»
«Io non credo di voler continuare questo discorso.»
«Forse perché in fondo sei anche tu uno di loro, uno schifoso…»