In vent’anni una sola volta
una volta sola
ti sono venuta a trovare.
Ti ho cercato nella scacchiera fiorita
di una città immobile, senza curve,
contando a uno a uno i piani,
la toponomastica stravolta,
ceduta a lettere e numeri romani
Ho provato un affetto immediato
per tuoi sconosciuti vicini
sorteggio di uno slow-date casuale
nell'eterno condominio per età
variegato, per benevolenza
o meno, di mai scelti destini,
mentre mi guardavi
dall’ovale incredulo
come ci fossi finito per caso,
fra quei bianco e nero sbiaditi
per un errore di appello,
una distrazione, uno scherzo malevolo.
Scusami è che in vent’anni
ho avuto così tanto da fare,
resistere alle rapide dei pianti,
la diga del dolore da presidiare.
E già la camera stagna trasuda
mentre percorro con le dita il braille
delle tue poche vocali in bronzo
le montagne russe delle tante consonanti.
Quanto è concreto, disarmante
il proprio cognome anticipato
su un marmo, non ci avevo pensato,
in quel giorno ovattato e sfiancante
quando il venditore di posti riservati
per l’ultimo viaggio ci disse
scegliete questo
ci batte il sole tutto il giorno
e noi come idioti
quanto ridemmo piangendo
per quell’assurda frase pietosa.
In vent’anni sono riuscita a portarti
una rosa sola
questa sola rosa.