Nick era in dubbio se aspettare l’ascensore, lentissimo, o salire l’ampia scalinata che portava ugualmente agli uffici del secondo piano.
Stava girando il tornello, tenendo nella sinistra la sua bella borsa di pelle; la folla davanti alla porta dell’ascensore era numerosa, segno che a breve quest’ultimo sarebbe arrivato; dubbio dissipato, dunque: si mise in fila in attesa.
Fu richiamato un paio d’ore dopo, doveva sostituire un collega al piano terra: alla cassa.
La sua era una banca di medie dimensioni, sfruttava soprattutto i piccoli agricoltori. L’incasso era però assicurato, almeno fino a quando c’era necessità di mangiare!
Era seduto allo sportello e stava contando per verifica una mazzetta di denaro per un cliente, quando successe il fatto.
Due uomini (così gli pareva) s’erano imposti urlando: volti coperti da una maschera, sacchi vuoti lanciati oltre la barriera in vetro.
Non sapeva nemmeno lui com’era successo e dove aveva trovato il coraggio di fare quel che fece: gattonando basso al di qua del bancone, era uscito silenzioso dall’estremità sinistra e si era gettato a peso morto sul primo dei banditi. L’urto inaspettato aveva scagliato lontano l’arma che questi teneva; e poi cos’era successo? I ricordi erano alquanto vaghi. Forse s’era fatto scudo dell’uomo e l’aveva scagliato con tutta la sua forza contro l’altro, facendogli perdere l’equilibrio e l’arma; l’addetto alla sorveglianza non s’era fatto attendere: in pochi secondi tutto era finito.
Il giorno dopo, raccogliendo da terra, davanti a casa, il giornale locale, vide che il suo nome campeggiava, assieme alla foto, sulla prima pagina: l’eroe della banca. Sua moglie venne da dietro e lo abbracciò, come pure la loro piccola Dasy, che si industriava per cingere le loro gambe.
John si tolse gli occhiali. La sua casa, quella reale, era come la ricordava: semisdraiato sul divano, di fronte la penisola in legno, più oltre la cucina a gas. Si girò a sinistra per osservare, oltre la vetrata, la splendida piscina, queta nell’aria della sera. Gli venne improvvisamente voglia di un bel tuffo, ma era troppo pigro e rinunciò all’idea.
Com’era già il suo nome, nella realtà virtuale appena vissuta? Ah, già: Nick. Certo l’intelligenza artificiale non permetteva che nessun particolare, anche il più insignificante, mancasse.
In quel mondo apparente - assolutamente reale, per quel che lo riguardava – era un impiegato di banca, sposato, con una bella bimba come figlia.
Era tentato di rimettersi gli occhiali. Chissà se l’AI non rifacesse partire tutto dal punto che lui aveva interrotto, togliendoseli!
Ma sapeva che l’AI non per niente aveva questo nome. Una nuova avventura l’aspettava; doveva solo lasciarsi andare. Questo sì che era il succo della vita!
Si trovava su un pianeta di cui non esisteva neppure il nome. Solo una sigla. Ed era solo, ovviamente.
L’intera umanità si era sparsa ovunque nella galassia, milioni, anzi, miliardi di pianeti.
Tutti abitati da un solo essere umano.
Del resto, a che servivano mai le società? La folla, così appiccicosa e rumorosa; ognuno con i suoi problemi.
Non per niente l’uomo aveva inventato e sviluppato l’Intelligenza Artificiale.
Ormai i programmi avevano proseguito per conto loro, nessuno sarebbe più stato in grado di capirli.
Era così semplice indossare un paio di occhiali! Poi lei sapeva bene ciò di cui avevi maggiormente bisogno in quel momento. E te lo forniva all’istante.
Volevi una famiglia, una donna? L’IA lo sapeva ben prima di te, potevi esserne sicuro.
Avevi un mondo a disposizione, era tutto tuo!
La società era ormai un inutile e dannoso orpello. Li inforcò di nuovo, curioso di vivere una nuova inimmaginabile avventura.