Sto piangendo così amaro e così forte ma non so il perché.
Poi mi sveglio e realizzo che era un sogno, lo rievoco.
Sono a una riunione di lavoro ma me ne vado per motivi miei, lo scazzo addosso.
All’improvviso mi ritrovo in riva al mare, in una cala ombrosa, con tanta voglia di pisciare.
Mi guardo intorno e vedo un mucchio di rifiuti: mi avvicino e trovo una borsa da grandi magazzini, il classico bustone, che è piena di cianfrusaglie. Ci infilo l’uccello e comincio a svuotarmi, piano piano.
Vengo interrotto da una collega di lavoro che vuole entrare nella spiaggia (da non so dove): occupato! le grido mentre armeggio tra busta e pisello e fiotti di urina.
Intanto ho sporcato il pavimento in pietra e pulisco con un fazzoletto di carta, che butto nel bustone.
È semibuio.
Alzo gli occhi e mi ritrovo davanti una ragazzina minuta e bionda che mi fissa: imbarazzato, nascondo l’uccello e le chiedo cosa vuole.
Mi guarda muta e inquisitoria, come Greta Thunberg.
Sono nervoso, afferro un martello che sta lì e glielo mostro come per difendermi.
Lei prende il suo di martello, o piccone non ricordo, e me lo lancia contro, ma con poca forza e convinzione. Non mi raggiunge.
Poi si avvicina e mi mostra una foto.
C’è il rosso della Ferrari e quello sembra Schumacher, quando vinceva.
E lì sono scoppiato in lacrime con un’intensità e un dolore mai sperimentati prima.
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