Ci sono destini che si decidono molto presto.
Il mio ad esempio è stato nitido da subito: credo che fossero i quattro anni, ed ero già innamorata.
Ma dove si buttano gli amori andati a male? Forse in un bicchiere di Fiano salentino.
Che ingenua sono stata. Amor ch'a nullo amato amar perdona: una minkiata gigante. Si sceglie sempre, o almeno così pare: nulla è fatale.
Mi sono sposata con lui (nei miei sogni, nella carne) a ventun’anni. L’ho aspettato. Decenni. Penelope? Una dilettante al confronto. Era così superbo e appagante stare senza. Era perfetto. Era come volevo io. Che imbecille.
Non amavo lui; ora lo so: mai amato. Era di me che m’ero persa, della mia dolcezza, tenerezza, passione. Credevo fosse lui, invece ero io.
E che atto di presunzione ho commesso: sperare che diventasse me, quello che desideravo.
E guai a dire con forza che per te vale di più la coppia, siamo noi due, chissenefrega dei figli. Guai! Tu figli non ne hai, taci, non puoi sapere.
Invece so, vaffanculo: diventano più importanti i figli quando non ci si ama abbastanza, quando non ci si basta. Bel surrogato dell’amore. Bel tampone. Coppie del cazzo, che si sposano quando è finita.
No, SON DE MAR (l’hai visto il film, amico mio? Lui è un bastardo, ma torna da lei, alla fine; lei molla tutto, anche il figlio, per lui che pure si era finto morto per anni, si era dato insomma, perché era arrivata la noia tra loro).
Quando è tempo è tempo, anche se tante cose restano da fare: devo andare adesso. A scrivere il libro, a partecipare a una cena per sei persone, a viaggiare verso sud con qualcuno che la mia coscienza mi permette di amare (di chi è la citazione? Non ricordo, colpa del Fiano).