La mamma dice che devo recitare il rosario .
Tutte le sere, dice e che bisogna pregare di più.
Io non riesco. Faccio finta di cantilenare qualcosa, ma ogni volta che attacca dicendo “dai, recitiamo il rosario” io sono altrove.
Rosario mi piace tantissimo .
Non lo sgrano tra le dita, come fa la mamma quando tiene in mano quella specie di collana con le palline.
Sgrano i miei occhi, quelli sí, quando incrocio il suo sguardo.
Il nome non mi piace.
Non posso pensarmi accanto ad un uomo con un nome così. Anche perché mi chiamo Maria.
Non potrebbe mai andar bene, lo so, saremmo ridicoli. Come i miei vicini che si chiamano Raffaello e Donatella.
Quando la Gio ha detto “arriva Rosario” io ho riso e pensato “come sarà mai uno che si chiama così ?”.
Ma quando l’ho visto per davvero sono rimasta senza parole.
Non c’è niente da ridere adesso.
Da quello sguardo lí, non mi sono più ripresa.
Lo chiamano tutti Dado.
E’ bello Dado.
Mi fa pensare che ogni giorno abbia una faccia diversa, come i dadi appunto. Così mi divertirei ogni mattina a “tirare ad indovinare “ che numero avrà.
Sto prendendo una strana e preoccupante inclinazione.
Mi vedo già accanto a lui. Di mattina! Nello stesso letto!
Il rosario che usa la mamma e’ prezioso. E’ di madreperla e dice che non se ne trovano molti così. Lo ripone sempre con cura nel suo cassetto del comodino. Gliel’ha portato la sua amica Liliana da un pellegrinaggio.
Quando lei non c’è, lo tolgo dal cassetto e lo rigiro tre volte sulla caviglia, cammino su e giù davanti allo specchio e poi lo metto di nuovo al suo posto.
Anche Dado e’ prezioso.
Pure di quelli come lui non se ne trovano in giro. Pelle di velluto, color del cuoio e occhi verdi come smeraldo. Un modo di dire, vero, ma sono davvero smeraldi.
Si mette sempre seduto sul motorino fuori dal bar della Gio, con i suoi amici, e io sto lí, con la bocca tutta secca. Non so mai cosa dire. E nemmeno lui , mi pare.
Lasciamo che parlino gli altri.
Lui ed io ci limitiamo a sorridere per qualsiasi scemenza dicano, giusto per dare l’idea di ascoltare. In realtà pensiamo a noi.
“Domani c’è la festa al santuario dell’Assunta, vieni ?”dice, senza alzare gli occhi, facendo finta di sistemare la maglietta.
La risposta mi esce da sola, da un’altra me. “Certo! come no?”.
Sono stata troppo esplicita accidenti e la Gio mi sgrida bonariamente. “Dovevi farti desiderare un po’ “
Adesso però le parole le ho dette.
Un vestito di jeans, stretto, con i bottoni davanti, zeppa di corda ai piedi
Mi viene un’idea. Il rosario ! Lo lucido con acqua e sapone e lo lo indosso, come faccio a casa.
La festa e’ rumorosa. Fa caldo.
“Ho una cosa solo per te. Seguimi”.
C’è un sentierino dietro il santuario, tutto buio. Ci vado senza timore.
“sembri Madonna con quella collana sulla caviglia, Madonna la cantante” mi dice, sorride e mi prende per mano.
Allora l’ha visto ! Il mio rosario.
Mi racconta che quello è il suo bosco, ci passa tanti pomeriggi e sere, ne conosce ogni angolo.
Alla fine del sentierino c’è un bel prato e dopo qualche minuto cominciano a farsi vive centinaia di lucciole.
Dado ha con se’ un vaso di vetro e dentro fa entrare tutte le lucciole che riesce ad intrappolare.
Mi rivela che quando e’ da solo lo fa spesso. Le cattura e poi le tiene nel vaso fino a quando la loro luce comincia a scemare. A quel punto le libera e loro riprendono la loro danza.
“Quante ne ho prese secondo te?”mi chiede “guarda che se sbagli mi devi baciare però “
io guardo giù al mio rosario e prego.
Di sbagliare.