Conosco Gina la prima volta a Montauk. È un momento del cazzo, perché la band non tira, in giro per locali facciamo a malapena due soldi e pensare di dividere due soldi in erba per quattro è un cazzo di problema. Ci manca il quinto membro. Qualcuno che canti meglio di come sbraito io, che attiri le folle e non solo quarantenni ubriache. Gina quella sera è ubriaca, ma di anni ne ha ventidue. Mi fissa per tutta la sera con la sigaretta alla bocca, non la accende per non beccarsi una cacciata dal locale con tanto di urla e guaiti, sì, guaiti, della proprietaria, la tiene lì. La tiene lì come dirmi: appena la smetti di spaccarmi i timpani, magari la fumiamo insieme.
Allora inizio a steccare, ma steccare malissimo, come se quel pugno di erba diviso quattro avesse deciso di fare il suo effetto dopo ore.
Johnny mi fa cenno come a dire, “Chiudiamo con questa”, fa cenno anche agli altri, perché le quarantenni ubriache sono solo più tre, proprio come i bagni del locale, che cazzo di caso.
Allora chiudiamo con una coda delle nostre, di quelle belle e perfettamente accordate, di quelle che ti viene da chiedere, ma questi coglioni sanno suonare o no?
Secondo Gina, sì. Me lo dice appena fuori dal locale e ride, ride sguaiata, a crepapelle.
“Mi chiedevo quanto saresti durato a fare il coglione là sopra.”
“E quanto sono durato?”
“Fin troppo.”
“A volte non è un male, no?”
“Il tuo modo di provarci è davvero pietoso.”
“Lo so. Sono Simon.”
“Gina.”
“E comunque anche il tuo modo di provarci è pietoso.”
“Hey, non ci stavo provando.”
“E che stavi facendo?”
“Okay, ci stavo provando.”
“Ed ora non ci provi più?”
“Dopo venti minuti tocca a te.”
È solo che io non sono da mezzi termini e mi basta anche solo un muro, non per forza un bagno. Gina però non vuole, è una un po’ pudica, ed in quella sua risata sguaiata, in quei suoi capelli scompigliati, si scorge sempre quella purezza di una ragazzina cresciuta troppo in fretta, che di fare la ragazza ne avrebbe anche voglia, e pure di andare in altalena, di ballare, di saltare, di cantare a squarciagola.
Gina si meritava il van. Gina quando fa sesso il van te lo fa dimenticare, sembra di stare in un cazzo di hotel a cinque stelle. Gina quando fa sesso ti guarda con quegli occhi ansanti, di quel blu che illumina tutto, e riesci a pensare solo di essere in Paradiso con il buon vecchio Gesù che ti fa l’occhiolino. Eccome se me lo fa l’occhiolino, mi dice anche di non sporcare troppo, perché “Sei sempre in cielo, cazzo”.
Chiudo gli occhi, vengo di brutto, li riapro e c’è ancora lei. È appoggiata al mio petto, i nostri corpi sono sfatti ed i vetri appannati.
“Quindi scopi come suoni...”
“Quindi come?”
“Di merda...”
“Dovevo aspettarmelo. Ti rivedrò?”
“Devi pur migliorare.”
“Come amatore o come solista?”
“Entrambi. Posso stare qui ancora un po’?”
“Tutto il po’ che vuoi.”