Avevo preso il primo treno del mattino. Un vento gelido mi aveva accompagnata nel breve tratto a piedi dalla fermata fino all'ospedale. Del discorso preparato in treno erano rimasti solo dubbi e sensi di colpa che si erano presentati all'appello proprio all'ingresso dell'ospedale e proprio nel momento in cui servivano il coraggio e la forza necessari ad una mamma per aiutare sua figlia. Com'era stato possibile che fossero passati venti anni dall'ultima volta in cui c'eravamo viste? Che le nostre vite fossero andate avanti come due treni che percorrono due binari destinati a non incontrarsi? C'eravamo lasciate arrabbiate l'una con l'altra, ognuna ferma nelle proprie posizioni. Troppo uguali, io e lei. Teste dure entrambe.
Salivo le scale lentamente e ad ogni scalino sembrava che una forza contraria rallentasse il mio avanzare. Il reparto era immerso nel silenzio. L'istinto mi fece aprire la prima porta che incontrai come se sapessi già dove trovarla.
Mamma? Che ci fai qui? Come sei venuta? Sembrava aver visto un fantasma, ma fui io a trovarmi di fronte uno spettro. Sapevo che la malattia l'aveva cambiata ma non ero pronta a vederla in quello stato. Una madre non é mai pronta. Era smagrita, sembrava una bambina. I capelli biondi le ricadevano sulle spalle troppo piccole dentro quel pigiama nel quale il suo corpo si perdeva.
Ciao Anna, non importa come sono arrivata. Sono qui, posso abbracciarti?
Mi guardò in un modo che conoscevo bene. Quello sguardo lo faceva anche da bambina quando qualcosa non le andava bene.
Guarda che potevi evitare di venire. Non era necessaria la tua presenza.
Aveva sparato il suo primo colpo. Sapevo che aveva bisogno di farmi del male, con le parole era brava a ferire, ma io ero pronta a farmi colpire.
Dovevo venire, ci tenevo ad essere qui- le risposi.
Hai detto bene, è un dovere per te. Non lo senti veramente- replicò con un tono volutamente sgradevole e freddo.
Non dire così. Lo so che è da tanti anni che non ci vediamo, ma adesso sono qui e siamo insieme, ed io voglio esserci per te.
Peccato che adesso è tardi, mamma. Vuoi che ti faccia un elenco di tutte le volte che avresti dovuto esserci? Tanto lo so che è inutile parlare con te, tu avresti una spiegazione per tutto, anche per venti anni di assenza.
Si era seduta come se le parole pronunciate avessero di rimando colpito anche lei, ma io sapevo che c'era dell'altro.
Va bene, elenca pure le mie mancanze, le mie colpe, insultami pure se questo può servirti a stare meglio.
Mamma lo sai che non potrò mai stare meglio- mi disse questo guardandomi negli occhi nel suo modo diretto. Se bastasse questo per risolvere tutto lo avrei fatto prima, ma sai che non è così.
Non dire questo. Ora ci sono io e la tua vita andrà per il verso giusto. Lo sai che quando decido qualcosa niente e nessuno può farmi cambiare idea.
Ah si? E cos'è che avresti deciso?
Per il momento ho deciso che mi trasferisco da te. Ho parlato con i medici e domani iniziamo la prima seduta di chemio. Io verrò con te.