Ho tagliato l'erba, l'ho ammucchiata in un angolo e mi sono seduto sulla panchina di legno fradicia di umidità. Una lucertola si è fermata a pochi centimetri dalla mia scarpa, sporge la lingua e l'agita come un frustino. Tiro via il piede e la lascio passare. La sua indolenza non mi sorprende, ormai l'intruso in questo giardino sono io.
Da bambino, con l’arrivo della primavera, per me e Cannella si apriva la stagione della caccia. Catturare lucertole era il mio gioco preferito e il giorno in cui smessi, lo ricordo bene.
Me ne stavo accovacciato tra l’erba aspettando che il mio gatto finisse di interrare le feci. A un tratto vidi la zampa farsi più svogliata e gli occhi puntare dritti verso due grosse lucertole che, ignare del pericolo, se ne stavano sul tufo dell’aiuola a inzupparsi di sole. Nel momento in cui Cannella inarcò la schiena e, guardingo, iniziò ad avanzare lungo la siepe, sorrisi compiaciuto. Non mi mossi, sapevo che sarebbe bastato un pur minimo rumore per allertare i due rettili e seguii la scena con il fiato sospeso. In prossimità dell'ulivo, si fermò e pronto ad agire piegò le zampe. La sua agile e robusta muscolatura fremeva e questo mi lasciò ben sperare. Il balzo fu potente, ma impreciso, poiché atterrò in malo modo sulla pacciamatura sollevando una miriade di pezzetti di corteccia. Allarmate dal tonfo, una delle due lucertole, dribblando i tulipani e i narcisi appena sbocciati, si dileguò nella tana scavata a ridosso del marciapiede in gres. Per l'altra, l'attimo di esitazione fu fatale. Cannella la bloccò per la coda e con movimenti rapidi prese a passarsela da una zampa all'altra. Tramortito, l’animale non si diede per vinto, raccolse le ultime forze e si liberò dell'estremità che, scossa da brevi spasmi, rimase sotto la zampa. Complice del mio gatto, corsi verso la buca, raccolsi un sasso e, interrompendo l'andirivieni di grosse formiche nere, ne sbarrai l’apertura. La mamma arrivò silenziosa alle mie spalle, rimosse il sasso e lo lanciò lontano. «Che sarebbe il giardino senza lucertole!», mi sussurrò all’orecchio.