Penso sia stato simile ad un sogno erotico, che quando ti svegliano non sanno di aver interrotto il pezzo più bello della tua vita. Provi un odio profondo. Lasciamo stare.
Non lo so che ci facevo a Los Angeles. Entro per curiosità in un bar nei pressi del Griffith Park per osservarne gli interni. Guardo intorno. C'è un aria mondana. Mi avvicino esitante al banco raffinato. Avverto occhi estranei che mi squadrano. In sottofondo sibila This must be the place dei The Talking heads trasmessa alla radio. Giro la testa sulla mia destra dove ci sono dei tavolini eleganti in marmo chiaro. Il mio sguardo vaga incantato nell'aria, rapito dalla finezza dell'ambiente. Chiedo in italiano un espresso, provando un sottile imbarazzo senza senso. Sventolo nell'aria una bustina di zucchero di canna , spostando particelle d'ossigeno al sapore di caffè e agrumi.
"Italiano?" sento alle spalle. Era l'accento inconfondibile di un napoletano. Rigiro la testa in direzione della voce. Esito un attimo per mettere a fuoco. Il mio sguardo si fa perplesso, poi gli occhi si spalancano di inaspettato stupore.
"No, ma sei Paolo? Veramente? Paolo Sorrentino? Il primo italiano che incontro a Los Angeles ed è Paolo Sorrentino!"
Sorrido riempendo gli zigomi. Rimetto a posto la bustina dello zucchero e mi avvicino al tavolo di Paolo. Sorseggia qualcosa di fresco, sembra un gin tonic. "Sir, the coffe is ready!", mi avverte il barista. Lo ignoro. Non mi è mai importato nulla del caffè, figuriamoci ora. È sempre una scusa per cazzeggiare, il caffè.
"Siediti pure, tanto oggi non devo fare niente!" Mi accoglie così Paolo, mostrandomi i suoi inconfondibili incisivi. Mi ricorda Jep, che se ne sta tranquillo a dondolarsi nella sua amaca fronte colosseo. Ha un sigaro spento tra l'indice e il medio della mano destra. Sul tavolo sonnecchia un agendina nera sotto il suo braccio. Si gratta il basettone destro e mi guarda. Rispondo con l'asso di spade, come a difendere le mie emozioni.
"Bella Los Angeles, non è vero?"
Temo di aver fatto una domanda da demente, e per forza è così, sono seduto accanto ad un premio Oscar, uno che sa il fatto suo e ci è riuscito, mica roba da poco!
"Sto aspettando mia moglie Daniela. Una volta che entra in bagno, alè, non si sa mai quando esce. Ci vuole pazienza, non è che puoi fare altro nella vita, o no?"
Scoppiamo a ridere, la nuca sguaiata rivolta all'indietro. Inizio a guardarlo come un fratello con cui ci si racconta e che la vita tutto sommato potrebbe anche bastare così. Questo è Paolo. Ha sempre quella risposta che ti porta sul piano della riflessione profonda e che se tu sei un po' paranoico sfocia in una digressione filosofica arzigogolata. È un tipo che ha sofferto Paolo, almeno quanto il suo grande maestro Mimmo Repetto. Anche se vanitoso, può insegnarti perfino l'umiltà. Può spiegarti le dinamiche umane, i sentimenti e la vita con una scioltezza inappuntabile e noi altri hai voglia a forbirti sui manuali universitari affollati di nozionismi. Quando guardi la faccia di Paolo capisci che i suoi segreti sono tutti raggrumati nello sguardo nostalgico che lo accompagna da ragazzino. Se solo potesse parlare quella ruga che gli divide in due la fronte, non basterebbe un enciclopedia tanto così.
"Paolo, ti do del tu, se ci pensi, è una fortuna che tua moglie ti faccia aspettare così tanto, altrimenti il tempo per scrivere le tue sceneggiature dove lo troveresti?" e glielo dico compiaciuto, sapendo che Paolo apprezzerà. Mi sorride, affettuoso. Afferra il bicchiere e lo ruota in un paio di cerchi immaginari per ricavare dai cubetti di ghiaccio l'ultimo piccolo sorso. Alza le sopracciglia per proferire parola.
"Mi trovi d'accordo, senó questa agendina nera non la portavo a spasso. Effettivamente non smetto mai di lavorare. Qualsiasi dettaglio lo devo scrivere, altrimenti lo scordo. Excuse me, one more, please!"
Alzando leggermente la mano, ordina un altro bicchiere di gin tonic. Il cameriere ringrazia servizievole con un semi inchino e scompare dietro il banco.
"Immagino quell'agenda piena di appunti per la nuova sceneggiatura autobiografica che girerai nella tua Napoli, non è vero?"
"Ci sto lavorando. Nicola Giuliano sta facendo pressione per le bozze. Vuole iniziare subito ma non ha capito che sono ancora in ferie. Tengo molto alla famiglia e quando fa così, cambierei produttore. Giuro eh!"
Su quel giuro, non ci giurerei. È un modo di dire. Bando alle ciance, vorrei fargli una raffica di domande, ma sarei troppo invadente e insopportabile. Anyway, vorrei chiedergli se per il prossimo film ci metterà qualcosa di Polvere di Napoli scritto insieme ad Antonio Capuano. Se ci metterà quel giorno maledetto in cui venne a sapere della morte di Tina e Sasà, i suoi genitori. Vorrei chiedergli se è stato proprio quel dolore a spingerlo sul palcoscenico del cinema e quanta salvezza possa esserci nel rimodellare la vita a proprio piacimento. Vorrei...
"Svegliati sono le cinque e trenta. Non avevi l'appuntamento con il dentista?"