Il popolo svizzero ha approvato con un'ampia maggioranza il referendum sul "certificato Covid" (*), simile al green pass italiano. Gli svizzeri sono il primo popolo al mondo ad essersi espresso direttamente a favore dell'adozione di una misura restrittiva delle libertà individuali e finalizzata a proteggere la salute della collettività. Il referendum popolare è stato preceduto da un'aggressiva campagna elettorale dei cittadini contrari alla misura restrittiva (i ricercatori dell'Istituto di scienze politiche dell'Università di Berna hanno contato sui quotidiani 209 annunci a favore del "no" e solamente 22 per il "sì").
Non possiamo che gioire del risultato referendario, visto che la Svizzera confina con l'Italia — al pari della Slovenia, Paese con il sistema sanitario al collasso per il balzo repentino dei ricoveri per Covid-19 a causa di un tasso vaccinale tra i più bassi d'Europa, che con ogni probabilità ha provocato il passaggio del Friuli Venezia Giulia in zona gialla esportando in quella regione una quota parte dei propri contagi.
Attendiamo con impazienza che anche il popolo italiano si esprima a favore delle misure governative finalizzate a implementare l'adesione alla campagna vaccinale, ovvero il "super green pass" — rilasciato soltanto alle persone guarite o vaccinate — e l'obbligo vaccinale per il personale sanitario, scolastico e dei comparti della difesa, sicurezza, soccorso pubblico e amministrazione penitenziaria, in un eventuale futuro referendum.
Dal momento che il referendum è uno strumento di democrazia diretta, l'approvazione del super green pass da parte del popolo italiano sortirebbe — si spera — l'effetto di tacitare definitivamente la "minoranza rumorosa" dei no vax, secondo la quale la forma di governo dell'Italia si sarebbe involuta in una dittatura manovrata da Big Pharma e dalle élite finanziarie che complottano per istituire un nuovo ordine mondiale.
(*) Il “certificato covid” elvetico è obbligatorio dal 13 settembre scorso per andare al ristorante, in palestra, al cinema, agli eventi culturali e sportivi; i datori di lavoro hanno la facoltà di renderlo obbligatorio nella propria azienda.